giovedì

COSA E' LA MUSICA ?


Esercizio del giorno: prendiamo una fotografia e proviamo a dire quali sono le qualità di quell’oggetto che abbiamo in mano, che ne fanno appunto una “fotografia”, e non un disegno, oppure un semplice foglio bianco.
Ecco le possibili risposte:
- il colore (la foto è a colori o in bianco e nero? I colori sono brillanti o smorti?)
- il dettaglio (la foto è ad alta risoluzione oppure no? Magari è un pò sgranata?)
- la nitidezza (la foto è ben nitida oppure è stata scattata “mossa”?)
- la messa a fuoco (o è forse sfuocata?)
- la “composizione” (l’immagine è centrata? E’ dritta, oppure è venuta storta?)
e potremmo continuare parlando di carta fotografica lucente oppure opaca, di immagine “impressa” e non semplicemente disegnata sopra, eccetera… e arrivare infine alla cosa più importante: quello che è raffigurato nella fotografia. Un paesaggio? Un gruppo di persone? Un ritratto?

Adesso pensiamoci un attimo: una persona cieca sarebbe stata capace di descrivere tutte queste caratteristiche in maniera altrettanto accurata? Certamente no. Bene, per quale motivo una persona sorda dovrebbe essere in grado di descrivere accuratamente tutte le qualità di un suono o di una musica? Non facciamoci illusioni: è molto probabile che una persona sorda abbia una percezione molto parziale ed incompleta di quella cosa chiamata “musica”.

E allora: quali sono le caratteristiche di una musica che ne fanno appunto…una musica? Quale è l'equivalente sonoro di un paesaggio?
Qui comincia una discussione complicata perché, così come è difficile, se non impossibile, far capire a un cieco il significato di “verde” oppure “blu”, similmente è difficile far capire a una persona sorda il significato di certe ….sensazioni uditive. Proviamoci
Gli elementi che costituiscono un determinato suono che stiamo ascoltando, sono almeno quattro:

1- “Altezza” (“Pitch”), si riferisce al fatto che quel suono sia più basso (grave), oppure più alto (acuto). I suoni della parte sinistra della tastiera del pianoforte sono “bassi”, quelli a destra sono “alti”, e questo dovrebbe essere abbastanza ovvio. (L’Altezza viene usata come sinonimo di Frequenza, ovvero il numero di oscillazioni dell’aria che vanno a produrre i suoni. In breve: molte oscillazioni= elevata frequenza =suono acuto. Al contrario: poche oscillazioni = bassa frequenza = suono grave e cupo).
2- “Intensità” (“SoundPressure”, a volte impropriamente chiamata “Loudness”). E’ quella che familiarmente chiamiamo il “volume” . Aumentando l‘intensità si aumenta il volume, cioè la sua “forza sonora”. Lo stesso suono, quindi, può essere a volume più basso, oppure a volume più alto.
3- “Durata”. Anche questo è abbastanza ovvio: è il tempo nel il quale il suono è presente, appunto la sua durata. Nella grafia musicale, sul pentagramma, le note sono indicate come crome, semicrome, biscrome eccetera, ciò sta a indicare la loro durata.
- “Timbro” . Definito anche “colore” del suono. E’ un pò complesso da spiegare ma può essere definito come “il suono tipico di ciascun strumento musicale”. Facciamo un esempio: la nota DO, prodotta da una chitarra elettrica e poi da organo in chiesa. E’ la stessa nota in “Altezza”, “Intensità” e “Durata”, eppure è un suono diversissimo. Ecco, questa differenza è data dal “timbro”. Il timbro è anche quello che rende le voci umane diverse l’una dall’altra. Il timbro è quella caratteristica che, probabilmente, salta di più all’occhio, nel senso che viene notata per prima.

Mentre le prime tre caratteristiche sono comodamente definibili, misurabili e trattabili in maniera matematica, il timbro è dato da una quantità enorme di caratteristiche fisiche, ed è più difficile da inquadrare.
La musica, ma anche la voce, è data dal mescolamento di queste quattro caratteristiche differenti.
Questa è la prima cosa importante da capire: quando ascoltate un suono, non state ascoltando “un qualcosa di singolo”, bensì l’unione di “quattro differenti cose che, tutte insieme, sembrano una sola”.
La seconda cosa importante da sapere è che bisogna diventare consapevoli di questo fatto (ovvero, in altre parole, rendersi conto, nella propria mente, di ciascuna di queste quattro caratteristiche)
La persona sorda NON si rende conto di questa quadruplice natura, ed è portata a sentire il suono come una cosa "unica".  Al massimo saprà dire se quel suono è "più forte", oppure "più bello", più grave o più acuto rispetto ad un altro, ma non saprà definire univocamente il suono in tutti i suoi fattori.

Volete fare un esperimento semplicissimo? emettete con la voce un suono. Poi chiedete a una persona normoudente di andare a cercare sulla tastiera del pianoforte la nota (Altezza) relativa al suono della voce.  Che cosa stupefacente: ve la troverà in pochi secondi. Come è possibile? E' possibile perchè nella vostra voce ci sono altezza, intensità, durata, e timbro. E lui è andato, molto semplicemente, a cercare sulla tastiera l'altezza (la nota) relativa. Per una persona sorda questo esperimento è un qualcosa di completamente fuori dal mondo: mai avrebbe sospettato che fosse possibile trovare una nota di "voce" trasponibile su tastiera. Per una persona normoudente, invece, è una cosa assai semplice. E viceversa: schiacciare il tasto del RE sul pianoforte, e riprodurre quella nota ...con la voce. Ma davvero è possibile fare una cosa del genere?

Il senso di tutto questo discorso è che per forza di cosa una persona sorda ha una idea molto imprecisa e frammentaria di quello che è la musica. E’ come vedere una fotografia da lontano e posta dietro un vetro colorato. Se ne avrà quindi una immagine parziale e si crederà che quella immagine sia la realtà. E quello che è peggio, non è detto che dopo tanti anni di “deprivazione sensoriale” sia di nuovo in grado di apprezzarla per intero.

Domanda: la situazione migliora con l’utilizzo dell’impianto cocleare ? Ecco, proprio qui è il punto: la situazione può migliorare, non automaticamente, ma in seguito al lavoro e all’applicazione. Non potete sapere in anticipo se e quanto migliorerete, quello che potete fare è cominciare a lavorare per vedere se ci sono progressi. L’impianto cocleare vi dà la possibilità di percepire un numero di suoni enorme, rispetto a prima, quindi almeno in teoria, avete la possibilità di “capire” tutte le caratteristiche fanno di una musica…. proprio quella musica.
Come sempre, tutto sta a voi. Provateci.

E grazie, mille grazie, al musicologo Roberto B. di Mantova, senza il quale questo post non sarebbe mai stato scritto.

martedì

"Sordità musicale" e impianto cocleare.

La sordità musicale (o "amusia" o "tone deafness") è l'incapacità di "capire" la musica. Per chi è "amusico" (o "tone deaf") è problematico capire se due brani musicali sono identici o diversi; se una nota è più acuta o più grave; se una musica è lenta o veloce.
L'amusia non ha relazione con la sordità classica, dal momento che chi ne è affetto è in grado di "sentire" tutta la musica, ma senza "capire" nulla di essa. Ne soffre il 5% circa della popolazione.

E per l'impianto cocleare.... come la mettiamo? Il discorso è molto interessante: l'udito artificiale come si comporta con la musica?
Esiste un test, una prova, che ci dica se il portatore di impianto cocleare oltre che sentire, riesce anche a "capire" la musica?
Ma certo che esiste (anche se non è ideato per l'impianto cocleare), e lo trovate gratuitamente online al'indirizzo riportato più in basso (chiaramente dovete avere cuffie o casse acustiche collegate al pc)
In questo test, solo in lingua inglese - attenzione, dura circa dieci minuti, armatevi di tempo e pazienza!- vi verrà fatto ascoltare un piccolo brano musicale di circa 5 secondi; e subito dopo un altro brano identico... oppure molto simile? Sarete voi a dirlo! I due brani che avete ascoltato erano lo stesso brano, o vi erano leggerissime differenze? Una nota in più, una nota in meno? Musica più lenta, o più veloce? Le note erano più acute? O più gravi? C'era una nota fuori posto?
Oppure vi hanno fatto ascoltare lo stesso brano identico?
Vi sono 2 test di 30 prove ciascuno. Se avete orecchio , dovreste ottenere un risultato uguale o superiore a 20/30 in ciascuna prova. (15/30 significa essere "andati a caso").
Se non avete mai realmente "ascoltato" musica, come la quasi totalità delle persone sorde, ovviamente non aspettatevi un grande risultato.
ATTENZIONE: Se ottenete un basso risultato NON significa automaticamente che siete "amusici", ma, più probabilmente, che non vi siete mai veramente allenati nell'ascolto della musica.
Diciamo la veritàà, questo è un esercizio davvero difficile: prendetelo come punto di partenza, poi, dopo qualche settimana o mese, ripetete l'esperimento e verificate i progressi.

Ma in fondo, a che serve allenarsi con la musica? E' proprio questo l'importante: serve a prestare attenzione ai suoni, ovvero un processo di importanza FONDAMENTALE che chi è sordo probabilmente non ha mai fatto.
http://www.delosis.com/listening/home.html
PS: è uno straordinario test anche per i normoudenti, per verificare le loro capacità.

giovedì

SIMULAZIONE DI SORDITA' : la voce umana.

(DOVEROSA PREMESSA IN SEGUITO ALLE MOLTE RICHIESTE DI PRECISAZIONE : il video è indicato essenzialmente per le persone normoudenti per far capire la differenza di percezione dei suoni. Deve essere chiaro , inoltre, che l'impianto cocleare "si sente" nel modo indicato nel video, solo se l'ambiente ciircostante è tranquillo; in caso di molti rumori concomitanti la comprensione è molto più difficile: in altre parole, l'impianto cocleare funziona bene quando non c'è confusione, non essendo in grado di 'isolare' la traccia vocale rispetto al sottofondo: ulteriore dimostrazione di come questo udito non sia naturale, bensì artificiale . 
Inoltre, con questo filmato NON si vuol sottintendere che l'apparecchio acustico sia una opzione da scartare: è ancora oggi la soluzione ideale per tutte le sordità lievi, medie e gravi, e può essere una buona soluzione per i bambini sordi nei loro primi anni di vita, almeno per il tempo necessario per una corretta acquisizione della lingua.)

Molte persone si sono domandate, e si domandano, cosa sente una persona sorda (parliamo di sordità profonda) che ascolta un'altra persona mentre parla. Se la persona sorda non ha nessun ausilio all'ascolto, la risposta è la più semplice: non sente nulla.
Ma se invece la persona sorda ha l'apparecchio acustico o l'impianto cocleare, cosa riesce a sentire? Ebbene, questo filmato illustra la differenza.
Inizialmente si può ascoltare "cosa si sente" con l'apparecchio acustico, successivamente accadrà lo stesso, ma stavolta con l'impianto cocleare.
....e finalmente sarà facile capire perchè la persona sorda sorda con l'apparecchio acustico capisce solo se "legge le labbra", così come sarà facile capire che non serve a nulla "alzare la voce" per farsi capire: sono i suoni che materialmente non arrivano al cervello, quindi aumentare il volume non produce alcun risultato apprezzabile. 

Signore e Signori, l'attore Giorgio Albertazzi, una delle più belle voci di teatro, leggerà per voi "L'Infinito", di Giacomo Leopardi.
Buon ascolto!
http://www.youtube.com/watch?v=ydLCxckudKg


martedì

Sordità: quello che (non) si sa.


Per il dottor Fazio, conduttore del programma “Quello che (non) ho”

Egregio dr. Fazio,
le scrivo a proposito delle esibizioni dei “danzatori sordi” del gruppo “Silent Beat” che partecipano alla trasmissione “Quello che (non) ho” in onda su La7.  Niente da eccepire sullo spettacolo; quello che vorrei farle notare è che il messaggio che trapela dall’esibizione dei ragazzi rischia di essere fuorviante e di dare una immagine distorta di quel fenomeno chiamato “sordità” con il quale purtroppo molti di noi –me compreso- si trovano a convivere.
I ragazzi infatti mostrano una serie di cartelli in cui accennano a una “lingua propria dei sordi” (la lingua dei gesti) e ai loro sogni e desideri (“sogno un paese dove la gente ascolta con gli occhi”).
Ebbene, sono circa quaranta anni -e anche più- che le persone sorde, grazie alla logopedia e ai ritrovati della moderna tecnologia (apparecchi acustici /orecchio bionico) sono in grado di parlare a voce (utilizzando quindi la normale lingua “orale”) e, con alcune limitazioni, riuscire ad ascoltare. Come cantava Lucio Dalla in una celebre canzone degli anni ’70   “….i muti parleranno, i sordi già lo fanno….” (L’anno che verrà, 1978)

Ma dove è il problema? Il problema è che a questi risultati (parlare, sentire e capire) la persona sorda arriva dopo tanto allenamento e lavoro, che comincia da bambini e prosegue.…per tutta la vita! Al momento attuale non esiste una "cura" per la sordità, bensì si cerca di non rendere troppo pesanti quelle che sono le sue conseguenze principali ovvero la mancanza di udito e la mancanza di lingua.
E’ perfettamente possibile per una persona sorda arrivare a buoni risultati di integrazione nella società di tutti, in quanto la sordità non è una malattia che va ad influire sulle “capacità mentali”, ma solo sull’apparato uditivo, quindi le capacità cognitive del soggetto sono potenzialmente intatte: si tratta di saperle utilizzare e imparare ad utilizzarle.
Al contrario, la sordità dà origine a “diversità” solo se non si agisce tempestivamente con interventi mirati: e di tutto questo un logopedista, un medico specialista, oppure anche una persona sorda, ne potrà illustrare estesamente ogni aspetto.

Per carità, i ragazzi in trasmissione sono liberi di esprimere i loro sentimenti: ma il fatto che gli spettatori si trovino durante la trasmissione a dover leggere cartelli in cui viene fatto intendere che “la lingua delle persone sorde è il gesto” (anziché la normale lingua orale) e proclamate frasi come “sogno un paese dove la gente ascolta con gli occhi” può venir male interpretato perché si trascura completamente tutta la potenzialità del soggetto nel riuscire ad arrivare ad un buon livello di integrazione nella società.
E in ultima analisi lo spettatore, magari ignaro delle problematiche della sordità, ne potrà ricevere una immagine di “diversità”, e non di “potenzialità”.

Cordiali saluti,
Andrea Pietrini

mercoledì

Corsi e ricorsi storici


Nel lontano 1992 a Firenze, Giuseppe Gitti, uno dei massimi esperti di sordità infantile in Italia, diede alle stampe un volume intitolato provocatoriamente "Sentire Segni". Fu l'inizio di molte polemiche con l'establishment dell'epoca, orientato in prevalenza verso una concezione della sordità 'culturale' e 'antropologica', nella quale la 'lingua dei segni' era tenuta in altissima considerazione sotto ogni aspetto. In questo libro si faceva piazza pulita di tante convenzioni e dicerie sulla sordità (maggiori informazioni qui) e tra le altre cose, veniva riferito che il numero dei bambini sordi in Italia ed Europa fosse assai inferiore a quello - molto elevato- ritenuto all'epoca, essenzialmente per motivi politici e clientelari.  Giuseppe Gitti, sulla base dei propri calcoli e sulla propria lunga esperienza, affermava che i bambini 'realmente sordi', ovvero sordi profondi alla nascita da ambedue le orecchie, fosse intorno a 0.04 per cento. Lo riscrivo: zero-virgola-zero-quattro per cento. Il che equivale a dire: quattro bambini sordi ogni diecimila nati, suppergiù. E tutto questo in un'epoca in cui la parola 'screening uditivo' non si sapeva neanche cosa significasse, e le tecnologie erano ancora ...quelle di vent'anni fa. Come si fa a parlare di 'cultura sorda', si domandava G.Gitti all'epoca, se le persone realmente sorde -intese come sorde nel grado peggiore, che richiede immediato intervento-sono appena 4 o 5 su diecimila, sparpagliate su tutto il territorio, e nella maggioranza dei casi con genitori normoudenti?
Ebbene, è proprio questa lontana affermazione di G.Gitti che mi è tornata in mente quando sono capitate sott'occhio le statistiche pubblicate dalle ASL del territorio di Parma, in Emilia Romagna, relative allo screening universale neonatale, che trascrivo in maniera semplificata qui in basso.

-----------------------------------------------
Screening uditivo neonatale universale: i dati.
(da gennaio 2010 ad aprile 2012)

All’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma il programma di screening uditivo è stato attivato dal 1 gennaio 2010. Fino al 30 aprile 2012 (28 mesi) sono stati sottoposti al test audiologico 5908 bambini e sono stati identificati 19 pazienti da deficit uditivo, di tutte le entità (0,32 % del totale).
 Negli altri punti nascita del territorio tra i 2324 neonati che hanno eseguito il programma di screening sono invece stati identificati 2 bambini con deficit uditivo, considerate tutte le entità. (0.08 % del totale)
Complessivamente quindi dei 8232 bambini sottoposti a test audiologico 21 sono stati presi in cura dall’ambulatorio dedicato alla sordità infantile dell’Ospedale Maggiore (sono quindi risultati sordi di una qualche entità il 0,25 % circa dei bambini nati).
Per 4 di questi pazienti, essendo il deficit uditivo bilaterale di grado profondo (0.05 % circa), è stato avviato il programma di selezione per un impianto cocleare (un dispositivo elettronico che viene impiantato chirurgicamente nell’orecchio e che ha rivoluzionato il trattamento della sordità profonda). Per 12 bambini con deficit uditivo bilaterale di entità medio-grave (0.14 %) sono stati protesizzati e avviati al programma di riabilitazione; mentre i restanti 5 pazienti (0.06 %), affetti da ipoacusia monolaterale, vengono monitorati presso l’ambulatorio della sordità infantile.
-----------------------------------------------------------

Come si può vedere sono davvero pochi i bambini sordi: questo non significa che debbano venir trascurati, assolutamente, bensì che, se in circa due anni e mezzo sono nati quattro - diconsi quattro- bambini sordi profondi su circa ottomila in totale, che senso ha impostare discorsi di sordità intesa come 'cultura'? Più saggio sarebbe impostare un trattamento adeguato per questi bambini, affinchè la sordità non abbia a causare i tanti problemi di cui tutti noi siamo a conoscenza.
G.Gitti ci aveva visto giusto, tanti anni fa, e oggi con il progresso tecnologico e la facilità di diffusione delle informazioni è davvero possibile ottenere di più e di meglio.
Ma ne abbamo voglia e volontà?

giovedì

"Orecchio bionico": lo faccio, oppure no? (adulti)


Andiamo a vedere le cifre: dopo cinque anni di orecchio bionico, il 90% delle persone si dice soddisfatta e contenta di averlo fatto.
Il 90% è una percentuale enorme. E ciò vi fa capire due cose: la prima è quanto sia alta la percentuale di soddisfazione, la seconda è -presumibilmente- che per molte persone ci vuole un certo tempo per avere risultati.

E voi, avete davvero bisogno di 'farvi l’orecchio bionico'? Lasciamo perdere le percentuali, parliamo del vostro caso personale.
Diciamo la verità, non esiste una necessità assoluta di doverlo fare.
Potete benissimo non farlo, rimanere così come siete, e vivere ugualmente. Esattamente come si può mettere l’apparecchio acustico, oppure non metterlo affatto. Fare l'operazione laser agli occhi per correggere la miopia, oppure continuare a portare gli occhiali.
Non è questione di vita o di morte.
Il problema è piuttosto un altro: nella situazione in cui trovate, dovreste fare l’orecchio bionico? Vi servirebbe davvero?
Facciamo la domanda che non avete il coraggio di fare: vi migliorerebbe l'esistenza
La risposta è molto soggettiva, varia da persona a persona, tuttavia cerchiamo di ragionarci sopra soppesando i casi possibili.
La prima cosa importante da sapere è che, se siete adulti (per i bambini è diverso), la decisione ultima spetta a voi e a nessun altro. In passato, a partire dalla metà degli anni Novanta, ci fu quasi una “caccia alla persona sorda” per convincerla a farsi l’orecchio bionico, un fenomeno che ebbe anche risvolti sgradevoli. Parecchi anni sono passati da allora, e oggi si può ragionare in maniera più pacata.

Se siete sordi, adulti, e portate l’apparecchio acustico, fate questa semplice prova, lasciando stare tracciati e curve audiometriche, potenziali evocati, emissioni, impedenzometrie, analisi cliniche e quant’altro.
Accendete la radio e ascoltate il giornale radio, oppure accendete la TV e guardate il telegiornale.
Possono verificarsi tre casi:
1-     Sento i suoni, e capisco anche il significato delle parole.
2-     Sento, ma non capisco.
3-     Non sento niente, e tantomeno capisco.
Nel primo caso, state a posto così: siete sordi, ma l’apparecchio acustico vi dà un buon recupero: lasciate stare l’orecchio bionico, è probabile che non ne abbiate bisogno, e in ogni caso non vi darebbe poi tanto beneficio, dal momento che la sordità sembra essere un problema correggibile.

Il terzo caso è quello peggiore, ma per certi aspetti è quello più semplice, che dà adito a meno dubbi: è chiaro che l’apparecchio acustico non vi è di nessuna utilità. A queste persone fortemente consiglio l’orecchio bionico, senza stare troppo a pensarci. O meglio, pensateci un attimo: non avete nulla da perdere. La situazione di certo non potrà essere peggiore di questa, dal momento che avete già "toccato il fondo".
Chiaramente, questa è una opzione da seguire se ci tenete ai suoni, se pensate che l'udito sia una cosa importante nella vostra vita. Esistono infatti anche persone- ne ho conosciuta qualcuna- che vanno in giro ripetendo alla nausea che preferiscono rimanere sorde piuttosto che farsi mettere le mani addosso dai medici, e andare sotto i ferri.

Il caso di mezzo -sento, ma non capisco- è quello più delicato, e che potremmo definire “né carne né pesce”: l’orecchio bionico si può fare, ma si può anche non fare. Non ci sento, ma con la sordità ci convivo. Forse fate parte di quelle persone che dicono “grazie, sto bene così”? Non c’è nulla di male in questo: non sentite la necessità di fare l’orecchio bionico, avete tante altre cose a cui pensare, avete una vita ricca piena e interessante, e in fondo “…a me dell’orecchio bionico non me ne frega niente”. In questo caso lasciate perdere. Il 'sentire di più' non è per voi una necessità assoluta.

Ma la maggior parte delle persone del gruppo di mezzo dice:  "sono indeciso se farlo o no".
A volte vorrei, ma poi ho paura. Sono troppo pigro per farlo. Vorrei farlo, ma rimando sempre. Dico di volerlo fare, poi sono contento se c'è un contrattempo che me lo impedisce.

Personalmente, mi sento molto in imbarazzo quando un adulto sordo mi chiede: che devo fare? Lo faccio o no? La mia risposta tende invariabilmente ad essere: ne senti la necessità o no? Sei soddisfatto di come sei adesso, della tua situazione attuale?
Attenzione però a non confondere 'insoddisfazione esistenziale' con 'mancanza di udito'. Molte volte si tendono a confondere le due cose. Il ragionamento è il seguente: io sono molto insoddisfatto della mia esistenza, e la colpa è sicuramente della mia sordità. Il ragionamento può in qualche caso essere vero, ma è il più delle volte errato. Stiamo trasponendo sulla sordità una serie di problemi e motivazioni che in realtà non hanno a che vedere con essa. E il risultato sarà che anche dopo aver fatto l'orecchio bionico, prima o poi i problemi torneranno alla ribalta. Per cui tenete separati i vostri problemi personali da quelli inerenti la sordità: confonderli può dar luogo a fraintendimenti che potranno essere sgradevoli in seguito.

Nella realtà dei fatti, poi, succede quasi sempre che la persona continui a tentennare, e alla fine ci si riconduce la terzo caso: si fa l'orecchio bionico quando la situazione precipita, quando le cose vanno così male da non lasciare alternative: o si rimane nel mondo del silenzio, o ci si gioca l'ultima carta dell'operazione.
E poi, una volta fatta l'operazione...siete pronti per tutto quello che viene dopo? Sapete di dover lavorare sodo per tanto tempo, per avere buoni risultati?

Per questo, alla fine, la risposta più valida da dare è: fai l'orecchio bionico se ne senti davvero la necessità, altrimenti, per il momento, lascia perdere.

lunedì

SIMULAZIONE DI SORDITA' (Videoclip)

ED ora qualcosa di completamente diverso: una simulazione di sordità in video, indirizzata prevalentemente a quelle persone che "ci sentono bene", e che per anni mi hanno domandato, incuriosite, "...ma insomma cosa vuol dire essere sordi? La cecità si riesce ad immaginarla, basta chiudere gli occhi, ma la sordità come è fatta? Non basta tapparsi le orecchie con le mani, perchè i suoni si sentono ugualmente, magari un pò ovattati, ma si sentono". E' vero, la sordità è un handicap difficile da capire perchè viene a mancare quella che io definisco "possibilità di immedesimazione". Allora per questo ho realizzato questo video, per cercare di far capire, finalmente, "cosa significa essere sordi".
Questo video è per voi; sono sette minuti di "musica" (si fa per dire), nel quale viene trasmessa sempre la stessa canzone, ma ogni volta in una condizione diversa. In questo video potrete "udire cosa si prova" nel caso di sordità totale; poi nel caso di sordità con apparecchio acustico, e infine nel caso di sordità "corretta" con impianto cocleare (orecchio bionico), e notare così le grandi- enormi- differenze nei vari casi e nei confronti dell' udito normale.
Ricordatevi di tener acceso l'audio, a volume non troppo alto nè troppo basso, e non stupitevi del fatto che forse non sentirete niente: è la cruda realtà dei fatti. Lasciate scorrere il video fino alla fine e poi vi sarete fatti una sommaria idea.
Signore e signori, ecco a voi i Guns'n'Roses, canteranno per voi:  "Sweet child o' mine".
http://www.youtube.com/watch?v=5V0kqPdA9yU
Buon ascolto!

mercoledì

INTERVISTA "Noi siamo stati i primi, tanti anni fa....".


(Al giorno d’oggi, l’Orecchio Bionico, o impianto cocleare, è una metodica ritenuta ormai collaudata e affidabile, ma non è sempre stato così. Negli anni ’80 ci furono circa venticinque pazienti italiani che per primi si sottoposero a questa ‘novità’, senza sapere assolutamente niente di come sarebbe andata a finire. Questi magnifici pionieri andrebbero, dopo tanto tempo, almeno ricordati. A loro andrebbe indirizzato un sommesso ringraziamento: se oggi le metodiche si sono evolute e perfezionate, lo dobbiamo anche a loro.)


Intervista a PAOLO DE LUCA (maggio 2012)


Domanda: “Buongiorno Paolo, ci daresti qualche informazione su di te, per cominciare?”  
Risposta: “Buongiorno a tutti voi! mi chiamo Paolo De Luca, vivo a Torino, sono nato nel 1953 e adesso, nel 2012, ho 59 anni. Sono diventato completamente sordo all’inizio degli anni ’80, quando avevo trent’anni, e nel 1987, dopo molte disavventure, sono stato tra i primi italiani a “fare l’orecchio bionico”. Lavoro al Comune di Torino e fra pochi mesi, finalmente, andrò in pensione.

D: Ci puoi raccontare brevemente la tua storia? 
R: Certamente, anche se è una storia lunga e complessa. Fin da bambino soffrivo di otiti continue, crescendo si presentavano in modo più sporadico. Ricordo che già a diciotto anni, durante la visita di leva, il medico militare mi mise in guardia perché avevo forti otiti. Poi, finito il servizio militare, il fatto di essere andato a lavorare molto presto in fabbrica, in mezzo a rumori e frastuoni terribili, ha aggravato la situazione. Sono stato sottoposto a diversi interventi di timpanoplastica, intorno a venticinque-trenta anni, ma senza risolvere nulla.

D E quindi cosa è successo?
R Ed è successo che da trasmissiva la sordità ha interessato sempre più l’orecchio interno e dal momento che (ma questo non mi è stato mai spiegato bene e quindi è una mia ipotesi), sono stato sottoposto a una cura a base di penicillina ad altissime dosi per curare una infezione che non aveva relazione con le otiti, e la conseguenza è stata la totale perdita di udito ad ambedue le orecchie, nel 1984, quando avevo superato di poco i trent’anni.

D Possiamo immaginare la tua condizione….
R Ma oltre alla perdita di udito ho preso contatto con la sgradevole realtà di certi ambienti…. Solo per dirne una, quando la mia sordità totale divenne palese, il luminare che mi aveva in cura andò subito a cancellare il suo nome dalle cartelle cliniche, come a voler dire che lui non c’entrava niente con quello che era successo!

D E siamo arrivati a metà degli anni 80, hai trentadue anni, e sei completamente sordo, da non sentire più nemmeno le cannonate, gli apparecchi acustici non servono a nulla…
R Esatto. E nel marzo del 1985 mi capita sottomano una lettera di risposta del Professor Gregorio Babighian a un articolo de 'La Stampa' che parlava del “Primo orecchio artificiale” sperimentato con successo negli USA. Babighian ricorda nella lettera che già da 2 anni il gruppo ICI -Impianti Cocleari Italia- utilizza il sistema monopolare di House con successo e che lui è stato uno dei primi a fare questo intervento in Italia, all’ospedale Santa Chiara di Trento.

D E quindi?
R E quindi in questo articolo si dice che si può provare a recuperare l’udito con una tecnica sperimentale, appunto l’orecchio bionico, bisogna fare un’operazione chirurgica, ti devono aprire la testa, impiantare fili, elettrodi…..io ero all’ultima spiaggia. Che avevo da perdere? E così ho contattato il prof. Babighian, dopo pochi giorni. E devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso, non ho trovato nessuna improvvisazione, niente promesse mirabolanti, erano tutte persone molto serie e con i piedi per terra. Certo i protocolli non erano sofisticati come quelli di oggi, comunque c’era tanta serietà e buona volontà. A Trento c’era uno staff formidabile, oltre a Babighian, ricordo che c’era anche il giovane 'Millo' Beltrame, che poi sarebbe diventato il primario in quell’ospedale.

D Tutto bene allora…
R Mica tanto, perché sul finire del 1985 mi scontro con la sanità regionale che dovrebbe dare autorizzazione all’operazione da effettuarsi a Trento, nonché farsi carico delle spese, e cosa succede? Succede che il tipo che dovrebbe dare l’autorizzazione, che poi sarebbe un primario ospedaliero, si impunta, e rifiuta di dare il nullaosta, dicendo che è una spesa enorme, insensata, che l’orecchio bionico non serve a niente, eccetera. Ma lo sapevano tutti, che il vero motivo era l’invidia e la rivalità tra medici, la gelosia dei risultati professionali…lasciamo perdere che è meglio! Alla fine la Responsabile dell’Ufficio Protesi della mia ASL è andata dal primario in questione, gli ha spiegato per filo e per segno la faccenda, e alla fine lui si è convinto a rilasciare l’autorizzazione. Si trattava comunque di un finanziamento straordinario in quanto l’I.C. non era inserito nel Nomenclatore, fatto sta che l’intervento era previsto per il 1985, ed è andato a finire nel 1987 a causa della mancanza della firma e dei timbri burocratici!

D Era molto costoso all’epoca l’orecchio bionico?
R Guarda, ricordo che arrivò l’avviso dalla ASL di andare a ritirare il pacco inviato dalla 3M di Segrate (Milano) nel marzo 1987, era il modello 3M/House, monoelettrodo, e costava esattamente 11 milioni di lire di allora.

D Andiamo avanti.
R E così nel giugno 1987 mi ricovero all’ospedale di Trento per l’operazione, ma qui subito abbiamo uno stop. Il prof Babighian infatti trova che nell’orecchio destro, quello da operare, vi è infiammazione in atto, e rinuncia per il momento all’impianto. Passano pochi mesi e al secondo tentativo stavolta le cose vanno in porto. Me lo ricordo ancora: 1 settembre 1987, ospedale Santa Chiara di Trento.

D E arriviamo al momento dell’accensione…
R Il momento dell’accensione fu una cosa imbarazzante: io ero relativamente tranquillo, tutti gli altri davanti a me, medici, specialisti, infermieri erano più preoccupati di me. E quando sembrò che l’impianto cocleare non funzionasse…tragedia, fallimento! Poi qualcuno andò di là a prendere la scatola dei pezzi di ricambio e provò a sostituire i cavetti…Evviva! Riuscivo a sentire qualcosa! Si trattava, pare, di un cavo difettoso.

D E per quanto riguarda la riabilitazione?
R Bella domanda, allora le cose non erano così avanzate ed organizzate come adesso…ricordo che andavo avanti e indietro tra Torino e Trento, fino a quando il prof Babighian non si trasferì a Venezia portandosi dietro una parte dello staff. Da allora ho fatto in modo di rimanere sempre a Torino.

D Ecco, questo penso che sia una domanda interessante: come ci si sentiva all’epoca, con l’impianto cocleare monoelettrodo?
R Mettiamo subito in chiaro che per me, sordo totale, il tornare a sentire i suoni era già un gran traguardo e mi sentivo contento così. Comunque utilizzavo la lettura labiale, niente telefono né televisione né cinema, insomma, l’impianto cocleare mi serviva per sentire i suoni, ma per capire quello che diceva la gente mi dovevo aiutare con la lettura labiale.

D Bene, e dal 1987 ad oggi?
R. Ecco, con il passare degli anni l’impianto cocleare cominciò a perdere potenza, e circa dieci anni dopo tornai a non sentire più niente, quindi, nel 1997, chiamai il prof Babighian e decidemmo di fare un secondo impianto cocleare. Stavolta all’altro orecchio, quello sinistro –infatti ci tengo a specificare che il vecchio impianto 3M/House non è mai stato tolto, lo porto sempre dentro di me, anche se non lo utilizzo più- e facemmo un impianto di tipo Clarion, multielettrodo, prodotto da Advanced Bionics.

D E stavolta andò tutto liscio, spero.
R Si, l’intervento decisi di farlo a Torino, per evitarmi continui avanti e indietro, Stavolta non ci furono problemi burocratici, però ti racconto una cosa: quel primario che mi ostacolò così tanto facendomi perdere un sacco di tempo per la prima operazione qualche anno dopo stava sempre lì, e andava in giro a dire che l’impianto cocleare era una vera meraviglia e “grazie a lui” si era diffuso anche in Piemonte…non sai cosa gli avrei fatto! ,Comunque ad operare non era lui ma il Prof. Paolo Solero che aveva costituito il Centro Impianti Cocleari alle Molinette, ed era attivo dal 1991

D E adesso, dopo tanti anni?
R Senza autocompiacimento, penso che non mi sono perso e con l’aiuto di mia moglie, con la forza che mi dava la mia prima figlia allora decenne, ho combattuto per qualcosa che non mi sembrava straordinaria, coglievo il valore non solo individuale ma generale, non so come abbia trovato la forza di andare avanti, diciamo che esperienze di vita, idee e valori hanno reso possibile non fermarsi .Con il senno di poi si capisce quanto sia importante la vicinanza di altre persone, di un’associazione , e infatti nel 1998 insieme ad altre/i sordi si è costituita l'APIC -Associazione Portatori Impianto Cocleare, di cui ora sono il presidente.
Quando assisto all’attivazione della parte esterna di persone che incontro nell’ambulatorio del Centro con il quale APIC collabora, mi commuovo e ripenso alla mia prima volta, non era così facilitato, il concetto di mappa era diverso, e la collaborazione attiva del paziente era diversa, l’applicazione informatica ha cambiato e reso possibile qualcosa di impensabile. Ma evitando di parlare sempre di me, vorrei ringraziare quelle persone che oggi si danno da fare, non solo mettono in guardia da ciarlatani e persone che a volte illudono , non seguono come si deve i pazienti , con il risultato di portare danni e non garantire la necessaria e dovuta assistenza .
Poi, quando vedo persone che conversano al cellulare , che comprendono e rispondono a tono , ecco ,magari sono un po’ geloso , ma sono felicissimo …..e questo è quanto!

(Grazie a Paolo de Luca, che dopo molti anni, ha deciso di raccontare la sua esperienza dei tempi pionieristici, rivangando indietro nel tempo, con un sorriso e tanta disponibilità)