martedì

"Capire le parole" NON è "capire il discorso".

Grazie all’impianto cocleare, siamo riusciti, dopo molta fatica e un sacco di impegno, a “sentire-e-capire” la grande maggioranza delle parole (per esempio ascoltando una trasmissione radio), e ci sentiamo tutti contenti perché dopo tanti anni -finalmente!- siamo capaci di aver a che fare con una voce umana senza dover necessariamente “guardare le labbra”. Orbene, avendo compreso tutte le singole parole, una di seguito all’altra, in fila, possiamo dire di aver capito tutta l’essenza, il senso e il contenuto del discorso, non è vero? Allora, per dimostrare che davvero abbiamo capito, perchè non proviamo a fare un riassunto di tutto quello che abbiamo appena ascoltato? ……Colpo di scena!

Ci accorgiamo di aver capito le singole parole, ma, dovendo fare una sintesi di tutto quello che abbiamo ascoltato, ci troviamo in grosse difficoltà. Riusciamo a fare un riassunto solo di brevi periodi, di qualche frase. Se dobbiamo riassumere tutta la trasmissione radio, "spiegare quello che abbiamo ascoltato", semplicemente non ci riusciamo.

Mentre il “normoudente” seduto accanto a noi ha capito il senso dell’intera trasmissione, noi abbiamo capito –nel migliore dei casi- il senso di alcune, poche frasi. La maggior parte dei frammenti sono stati completamente dimenticati, sono passati via come acqua fresca. Qualche brandello è rimasto, ma è insufficiente a ricreare il discorso originario. Tuttavia, ad un secondo ascolto, le cose migliorano, e sembra che il discorso rimanga impresso un po’ di più nei meandri della nostra mente. Repetita juvant, direbbero i nostri padri latini!
Ma il primo ascolto è tremendo: sembra che tutto scivoli via, senza lasciar traccia. Eppure abbiamo sentito tutto.

Incredibile: pur avendo sentito tutte (o quasi tutte) le parole, non siamo in grado di spiegare in maniera realmente efficace quello che abbiamo ascoltato. E’ come se sentissimo il flusso delle parole, ma mancassimo di cogliere il concetto che sta dietro. Come è possibile? Sembrerebbe quasi di essere riusciti ad afferrare le singole parti, ma di esserci lasciati sfuggire il tutto.
E’ una cosa così strana e singolare che riesce a stupire persino noi stessi; figuriamoci i “normoudenti”.

Vedete, quando da ragazzi studiavamo sui libri di scuola, non avevamo troppe difficoltà a leggere un testo e poi a riassumerlo; in fondo le interrogazioni in classe erano basate proprio su questo, non è così? Leggere una sfilza di parole riguardanti storia oppure geografia o letteratura, capirle, interiorizzarle, e poi il giorno dopo ripeterle, con parole nostre, davanti al professore. E il canale puramente ed esclusivamente "uditivo" non entrava mai in gioco - avevamo imparato a farne a meno!

E questo meccanismo di “lettura-comprensione-assimilazione-ripetizione” era diventato una cosa talmente assodata, talmente ovvia, che ora ci saremmo aspettati lo stesso tipo di risultato nel caso di utilizzo del canale uditivo piuttosto che visivo. Che diamine, nel momento in cui si comprendono le singole parole è ovvio auto,aticamente il senso del discorso, indipendentemente dal veicolo utilizzato, e farlo proprio, o no?
Ebbene, la risposta è (purtroppo) NO.

Se siete 'sordi da sempre', se non avete mai realmente ascoltato in vita vostra, il fatto di arrivare finalmente a capire le parole NON significa capire il discorso. Apparentemente “flusso di parole” e “discorso” sembrano concetti sovrapponibili, in realtà sono due cose diverse.
Le parole NON sono il discorso. Vi ricordate quando si diceva “udire il suono non significa automaticamente capire il suono”? Ecco, ci troviamo in una situazione simile, ma a un livello ancor più elevato e complesso.

Inizialmente avevamo il problema di dare un senso ai suoni, e lo abbiamo risolto; sappiamo che ad ogni determinato insieme di suoni corrisponde una parola o frase. Adesso, con nostra grande costernazione, ci accorgiamo che questo non basta, non è sufficiente. La comprensione del discorso nella sua interezza è un qualcosa che va oltre la comprensione delle singole parole. Per il normoudente di solito non c’è questo problema, tutto viene svolto nel medesimo istante: ascolto dei suoni, comprensione del loro significato, e infine comprensione di tutto l’insieme dei concetti, nel senso reale o figurato. Ma come è possibile? E perchè questo problema non si era mai posto quando studiavamo sui libri? Finchè si trattava di "leggere" e poi fare un riassunto non c'era nessun problema, adesso che si tratta di "ascoltare" e poi fare un riassunto, ecco che escono fuori grossi problemi.

Il fatto è che stiamo parlando di due “mezzi di trasporto” differenti, l’udito e la vista, che viaggiano su “autostrade” differenti. La vista è una vettura ben oliata, usata quotidianamente, sempre revisionata, e, dopo tanti anni, conosciuta in ogni suo ingranaggio. L’udito invece è simile a una vettura tirata fuori oggi dal garage, dopo quaranta anni di inattività. Non solo non è mai stata realmente utilizzata, ma nemmeno sottoposta almeno a un rodaggio. “Guidare l’udito” è quindi davvero un problema: siamo alle prese con una vettura di cui non conosciamo nulla ed è persino, in alcuni dei suoi componenti, meno efficiente delle altre. Imparare a guidarla richiede attenzione, allenamento, dedizione. E non solo: anche la strada è diversa dal solito, piena di curve sconosciute, che vanno “imparate” piano piano, prima di arrivare a destinazione.

Ci accorgiamo quindi che il fenomeno della comprensione è molto più ampio di quanto sembri. Oltre all’udito, qui entra in gioco una componente di “prontezza mentale” legata al canale uditivo. Una componente che esiste, che è reale, ma non è mai stata allenata. Come possiamo pretendere che venga messa in azione con la massima efficienza, di punto in bianco?

L'Udito non è solo un fatto di Suoni, ma è anche- e lo scopriamo solo ora- un fatto che riguarda la Mente.

Che fare quindi? Sono ben pochi coloro che tirano fuori l’auto dal garage in perfette condizioni e riescono a guidarla con disinvoltura: per la maggior parte delle persone ci sarò da re-imparare a guidare una vettura differente dalla solita, oltre che imparare il tragitto per farla arrivare a destinazione.
E si ritorna al punto di partenza: lavoro, lavoro e ancora lavoro.

Oppure, tanta "scuola guida". Il trucco consiste nel tentare, progressivamente, di staccarsi dalle sole parole e nel cercare di afferrare sempre più l'insieme di quello che viene detto.
Ma in questo, purtroppo, non può aiutarvi nessuno, siete voi stessi a dover far pratica.
State rimettendo in moto un motore che, forse, non è mai stato messo veramente in moto. State attivando circuiti cerebrali che, forse, non sono mai stati"accesi".

Non deprimiamoci nello scoprire queste cose: pensiamo piuttosto che fortuna essersene accorti, aver capito che c’è questo problema, che è reale, che esiste.
Perché quando si inquadra un problema, quando vengono prese prese le misure, è lì, in quel momento, che vengono gettate le basi per risolvere il problema.

E sono ben pochi i problemi che non possano venir risolti quando li si è ben compresi ......e si è dotati di buona volontà. Al lavoro!

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