lunedì

Recensione: Le sordità, di G.Gitti (Omega Edizioni, 2018)


Le sordità. Passato, presente e futuro



Le sordità – Passato, Presente, Futuro.
Giuseppe Gitti, Omega Edizioni, anno 2018.


E’ sempre una impresa impegnativa recensire un volume di Giuseppe Gitti. Quando si parla di Gitti, infatti, si comincia inevitabilmente citando luoghi e ambienti a lui familiari che hanno costituito il suo humus culturale, Don Milani, la Scuola di Barbiana, i ragazzi, il motto “I Care”, eccetera…. Ma per una volta, si vorrebbe soprassedere a tutto ciò, e mettere in risalto un altro fatto: e cioè che Giuseppe Gitti ha cominciato ad accostarsi alle problematiche della sordità nel 1959, e quindi può vantare ormai 60 anni di esperienza “sul campo”.  Sessanta anni è una cifra quasi irreale, un trait d’union tra due secoli, e non solo in senso letterale, quanto metaforico. Sessanta anni di esperienza in campo di sordità significa essere stati testimoni di tutto quanto accaduto, cominciando dai vecchi (e, diciamolo, per l’epoca “benemeriti”) Istituti per sordomuti, all’arrivo degli apparecchi acustici moderni, prima analogici e poi digitali, la progressiva chiusura delle scuole speciali, l’integrazione scolastica, la ri-scoperta della “lingua dei segni” (o “linguaggio mimico gestuale”: sarebbe ora di mettersi d’accordo finanche sulla terminologia), l’impianto cocleare, i Sordi e cultura Sorda (con la “S” maiuscola), l’integrazione in condizioni di parità, i successi e gli insuccessi, e -in ultima analisi- il grande caos che è derivato da tutte queste innovazioni e rivoluzioni tecnologiche, culturali, antropologiche, sociologiche….e purtroppo anche economiche e sovente contrassegnate da interessi di parte.
Apparentemente il volume è tutto questo: una sorta di “enciclopedia ragionata” della sordità suddivisa in capitoli (tipi di sordità, modelli linguistici, abilitazione, criticità, metodi, eccetera), ma osservando attentamente niente riassume meglio il contenuto del volume quanto l’immagine di copertina, la Torre di Babele, insieme al titolo del volume: “le Sordità”, declinato al plurale. Laddove “la sordità” è solitamente sempre declinata al singolare, Giuseppe Gitti non rinuncia alla sua verve polemica, e mette il dito nella piaga fin dal titolo, additando quello che è il vero problema della sordità attuale: la confusione e la poca chiarezza nella definizione, nella terminologia, nella riabilitazione, negli aspetti sociologici e legislativi. L’insieme di tutti questi aspetti contraddittori dà luogo infatti a una “Babele”, ottima per alcuni, ma pessima per i diretti interessati, cioè le persone sorde. 
Ed è proprio questo il fulcro delle osservazioni di Gitti: “la sordità” (singolare) è una condizione per la quale è possibile fare molto, ma giocando su “le sordità” (plurale) si è fatto in modo che i problemi non venissero mai realmente affrontati né risolti. Molti attori in gioco, sembra dire Gitti, non hanno cercato di risolvere il “problema sordità”, bensì al contrario hanno cercato di sfruttare i diversi significati attribuibili al termine “sordità” (e le sue diverse connotazioni), per i più disparati motivi.
Il libro di Gitti può pertanto essere esaminato secondo due chiavi di lettura: il primo è un excursus completo della sordità e di tutte le novità che si sono succedute nel corso degli ultimi sessanta anni, fino alla situazione attuale (teorie cognitiviste, Gestalt, Embodied Cognition, Neocostruttivismo; protesi acustica analogica, digitale, impianto cocleare; metodi educativi, AVT, Logogenia, Approcci comportamentali, Prompt).
La seconda chiave di lettura, più sottile, ed evidenziabile dalla smisurata quantità di citazioni presenti, è invece tesa a sottolineare l’enorme confusione che si è creata sul palcoscenico della sordità a causa dei tanti attori che periodicamente si sono susseguiti per recitare la propria parte -in modalità autoreferenziale- ognuno senza tener conto dell’altro: con il risultato di una cacofonia concettuale, metodica, ed operativa, che ha come principale risultato, appunto…la torre di Babele delle sordità.
E il risultato di tutto ciò, inevitabilmente, va sempre a detrimento delle persone sorde. A questo punto, sembra volersi chiedere Gitti, siamo sicuri che tutti coloro che si occupano di sordità abbiano davvero a cuore davvero le persone sorde? La persona sorda viene davvero messa al primo posto? O non è forse che essa diviene un mero strumento per interessi altrui?

Dal momento che la perfezione non esiste, cosa si può rimproverare a questo volume? Probabilmente il fatto di essere indirizzato a un pubblico di lettori “esperti” del settore. Il testo è infatti complesso, pieno di citazioni (forse anche troppe, ma sono funzionali al messaggio sotteso) e viene data per scontata una certa conoscenza dei temi trattati. In ciò si discosta molto dai volumi precedenti dello stesso autore, più colloquiali e diretti. 
Giuseppe Gitti ha ripetuto più volte che questa è la sua ultima opera, ma se il tono, lo spessore e la combattività del personaggio rimangono gli stessi, c’è da augurarsi che questo volume sia… il penultimo.  

martedì

Quanto riuscite a "sentire"?






(un test pratico per "misurare la capacità" del vostro orecchio/ apparecchio acustico / impianto cocleare)

Siete sempre alla ricerca di un test o una prova che vi dia indicazione del "quanto riuscite a sentire", che sia riproducibile e possa servire come punto di riferimento per misurare i vostri progressi? 
Ecco qui una serie di test davvero splendidi.

Ci sono due tipi di test: 
1- la misura delle differenze in decibel ("ti faccio sentire due suoni: il secondo è più forte o più debole del primo, oppure sono due suoni identici?")
2- la misura delle differenze di frequenza ("ti faccio sentire due suoni: il secondo suono è più acuto o più grave del primo? oppure sono due suoni identici?")



Per ciascun test potete fare una prova preliminare per vedere come funzionerà il test, e infine sarete sottoposti a una prova di 10 tentativi al termine dei quali sarete giudicati.
Tenete conto che una persona "normale" riesce a sentire le differenze +/- 3 decibels, e la differenza di 20 cent di frequenza (ovvero 1/5 di semitono). E' ovvio che una persona con problemi di udito non sentirà come una persona normale, ed è indicativo sapere "fino a che punto riesce ad arrivare"
Potete usare sia le casse acustiche che le cuffie.

Ecco la procedura passo-passo :
(per il test dell'intensità in decibels)
inizialmente dovete scegliere la differenza di decibels tra i due suoni  che ascolterete (6 decibels, oppure 3, oppure 2, 1, 0.5, o anche meno...) facendo clic sull'intensità desiderata (vedi foto 1)


FOTO 1

Successivamente fate una prova di ascolto per vedere come funzionerà il test: facendo clic su ciascuno dei tre quadratini (vedi foto 2) sentirete i due suoni uno dopo l'altro: nel primo caso, il secondo suono diventa più forte; nel secondo caso il suono diventa più debole, nel terzo caso il suono rimane uguale.

FOTO 2

Adesso sitete pronti per fare il test: fate clic sui dieci quadratini, ascoltate, e date la vostra risposta: suono più forte, più debole oppure uguale? (foto 3). Volendo, potete riascoltare più volte e cambiare idea. 
Al termine premete "submit" e vedete il vostro risultato, espresso in decimi : 10/10 significa che avete azzeccato tutte le risposte giuste . Complimenti! 

Foto 3

Non demoralizzatevi se i primi test sono "tremendi" , piuttosto, usateli come punto di riferimento per i vostri miglioramenti successivi. 
quando sarete arrivati 10 risposte giuste per le differenze di 6 decibels, provate a passare all'esercizio più difficile: riuscire a sentire le differenze di soli 3 decibels.  

Il test dell'intensità (decibels) lo trovate QUI
Il test delle frequenze ( cents ) lo trovate QUI

Buon divertimento e ricordate: con l'esercizio ...si migliora!

lunedì

Sicuri di sentirci bene?



Siete sicuri di sentirci davvero bene? Fate questo semplice esperimento.
Sollevate la cornetta del telefono di casa, senza comporre alcun numero e accostatelo all'orecchio A. Con una mano, copritevi l'orecchio B. Adesso ascoltate attentamente il tu-tu-tu del segnale "libero".
Adesso, abbassate il telefono e risollevatelo, stavolta accostandolo la cornetta all'orecchio B e tenendo chiuso con la mano l'orecchio A.
Ascoltate attentamente il segnale di "libero".
Ora valutate sinceramente : avete sentito ESATTAMENTE lo stesso suono di tu-tu-tu da tutte e due le orecchie? Oppure vi sembravano suoni diversi, di cui uno più attenuato dell'altro, oppure più morbido, o più metallico, inesistente, ovattato, fastidioso?:
Sorpresa!
La maggior parte delle persone NON sente i suoni esattamente allo stesso modo da ambedue le orecchie. Ha l'impressione di sentirci meglio da una parte piuttosto che da un'altra. Le persone che "ci sentono uguale" sia da una parte che dall'altra sono una minoranza. In particolar modo quasi tutte le persone adulte hanno un udito più o meno "impaired". Mentre le persone giovani hanno buone possibilità di sentirci in maniera identica a destra e a sinistra, le persone adulte che arrivano a tanto sono rare.
E questo vi fa capire un pò di cose. 
Primo, come funzioni bene il meccanismo di compensazione. l'orecchio migliore "compensa" (entro certi limiti) il peggiore, e capita talvolta che la persona non sappia nemmeno di sentirci fortemente di meno da un orecchio piuttosto che dall'altro. Lo scopre solo facendo questo "giochino".
Secondo, vi fa capire quanto sia fragile l'udito, cosa che molte persone nemmeno sospettano. 
Terzo, vi mette in guardia. Se vi accorgete di sentirci in maniera notevolmente differente a destra o a sinistra, forse è il caso di cominciare a preoccuparsi. 
Perchè questo giochetto è spietato? Perchè, nella sua semplicità, vi impedisce di arrampicarvi sugli specchi e cercare scuse: o ci sentite ugualmente bene, oppure da un orecchio non ci sentite.

E infine, vi fa capire quanto l'udito sia un bene prezioso e da tenere a cuore.

(questo esperimento descritto è quello utilizzato dai professionisti -cantanti, musicisti- per avere sotto controllo in maniera semplice e immediata la propria "capacità" di sentire i suoni. L'esperimento è stato fatto casualmente durante una serata a casa di amici, e le persone che hanno riferito di sentirci ugualmente bene, a destra e a sinistra sono state due su sette.)

giovedì

Perchè le persone sorde non riescono a cantare?






Perché la maggior parte delle persone sorde non riescono a cantare, o almeno ad essere ben intonate?
La risposta classica è “perché non ci sentono” (e quindi non possono seguire il ritmo e la melodia). Niente da obiettare.

Ma la questione diventa più sottile: consideriamo le persone adulte che hanno fatto l’impianto cocleare dopo aver passato molti anni di sordità profonda, ovvero nel “mondo del silenzio” (espressione vaga ma che rende l’idea), ebbene, come mai la stragrande maggioranza di queste persone non riesce a cantare correttamente una canzone, dopo averla ascoltata? 
Almeno in teoria, con l’impianto cocleare, essi dovrebbero essere in grado di sentire la musica, le parole, il ritmo, e quindi saper cantare. 
E invece no. Provate a chiedere a queste persone sorde di cantare, e sentirete che sono assai stonate. E magari appena pochi minuti prima hanno dimostrato di saper seguire una conversazione al telefono, ascoltare un dibattito in TV, ascoltare il telegiornale alla radio.

Alcuni dicono: questi sordi adulti non sanno cantare -anche se apparentemente ci sentono- perché non si sono mai allenati a cantare. E probabilmente hanno ragione. Ma il discorso è assai più complesso.

Che cosa significa “saper cantare” per una persona sorda?
L’osservazione di queste persone sorde adulte -con impianto cocleare- presenta riscontri molto, molto interessanti, che possono aiutare a capire meglio il problema.




Fate questo semplicissimo esperimento: prendete alcune persone normoudenti, davanti a una tastiera di pianoforte, e fate loro ascoltare una nota musicale qualsiasi, fatta a voce. Consideriamo un caso semplicissimo, basta esclamare “AAAAAAA....” ad alta voce. Adesso chiedete a queste persone di “cercare la nota” sul pianoforte. Che cosa farà la maggioranza di queste persone normoudenti, che magari non ha troppa preparazione musicale specifica? Comincerà a schiacciare i tasti del pianoforte in sequenza uno dopo l’altro, e alla fine dopo vari tentativi, magari facendo ripetere il vocalizzo per avere certezza, dirà: “Ecco! la nota era questa”.  
Adesso prendete una persona sorda adulta con impianto cocleare, e con un lungo passato di sordità alle spalle, e fategli fare lo stesso esercizio.
Colpo di scena: nella stragrande maggioranza dei casi NON sarà capace di trovare la nota sulla tastiera del pianoforte. Eppure l’ha sentita! Come è possibile?

Per capire cosa è successo, facciamo un passo indietro. Quel suono appena ascoltato (“AAAAAA…”) era un insieme di tre elementi, che si presentano tutti e tre insieme.
1) L’intensità, ovvero il volume.
2) Il timbro, ovvero il “proprietario” della voce (per esempio, Mario è diverso da Maria) o del suono che esce fuori dallo strumento musicale (ovvero il suono “tipico del pianoforte”, che è diverso dal suono “tipico della tromba”).
3) E infine la frequenza o “altezza” (il suono è “più acuto” oppure “più grave”)

Ebbene, le persone normoudenti riescono a essere consapevoli di queste tre caratteristiche concomitanti.
Le persone sorde invece, ed è molto singolare, sembra che NON RIESCANO a “afferrarle” tutte e tre insieme. Ne afferrano una, magari due, ma non tutte e tre.

Una persona sorda con l’impianto cocleare riuscirà a dire se il suono ha un volume maggiore o minore di un altro; riuscirà anche a dire se una frequenza è più acuta o più grave;  riuscirà persino a dire “quella era una chitarra, mentre quell’altra era una tromba”.
Insomma, se consideriamo la singola caratteristica del suono (volume -timbro -frequenza), la persona sorda più o meno “se la cava”.

Quando si cerca di prendere le caratteristiche dei suoni a due per volta, il compito diventa più complicato.
Vogliamo provarci?
Dopo un po’ di pratica e di tentativi, la persona sorda forse arriverà a dire “quello era il suono di un pianoforte, ed era più tenue di quell’altro suono, che era prodotto da una tromba” (siamo riusciti ad azzeccare contemporaneamente due delle tre caratteristiche: esattamente l’intensità/volume e il timbro. Complimenti!)
Ma forse dirà anche: “Quei due suoni mi sembravano ambedue di pianoforte, ed erano il primo più acuto, mentre il secondo più grave” (abbiamo riconosciuto il timbro del pianoforte e la frequenza)
E forse ancora “quei due suoni erano probabilmente lo stesso tasto di pianoforte, ma il primo era più forte, e l’altro più debole (abbiamo riconosciuto timbro e intensità/volume ).



Ma è quando si cerca di riconoscere tutte e tre le caratteristiche del suono contemporaneamente, che il compito appare (quasi) impossibile.

“Se ti faccio sentire il SOL del pianoforte, mi sai dire quando il SOL del pianoforte è uguale al SOL della voce?”
La persona sorda a questo punto si guarda intorno smarrita.
Potrebbe dirvi se la voce umana è più forte o più debole del suono del pianoforte.
Potrebbe dirvi quale dei due suoni è la voce, e quale il pianoforte.
Potrebbe dirvi persino –in maniera molto grossolana- quale dei suoni sembrerebbe essere più acuto o più grave, tenuto conto che sono due “strumenti musicali” differenti.



Ma andare a riconoscere il SOL su voce e poi su strumento musicale, bè, quello sembra un compito al di là della proprie possibilità. Un compito del genere comporta il saper padroneggiare tutte e tre le caratteristiche del suono.
E la cosa è ancor più complicata dal fatto che nemmeno dopo aver ascoltato a ripetizione uno dei due suoni sembra possibile riconoscere l’altro. Dopo aver ascoltato il SOL del pianoforte, sembra impossibile “andare a ritrovarlo” con la propria voce. E viceversa.

In altre parole: sembra che la persona sorda senta il suono senza riuscire a slegarne i componenti tra di loro. Nel suo cervello, cioè, non appaiono contemporaneamente i concetti di “volume”, “timbro” e “frequenza”

Ecco spiegato il possibile motivo del perchè la persona sorda non riesce a cantare in maniera intonata: perché non riesce a padroneggiare (e a “tradurre”) perfettamente tutte e tre -e allo stesso tempo- le caratteristiche del suono.
Se la persona sorda ascolta una melodia di pianoforte, non riuscirà a riprodurla a voce in maniera corretta, dal momento non riesce a impadronirsi e a “tradurre” tutti e tre insieme gli elementi del suono (del pianoforte), negli equivalenti elementi “adattati” alla propria voce.

Non è un problema di "riconoscimento" dei singoli elementi: è un problema di riconoscimento di tutti e tre gli elementi insieme.



Ma è possibile riuscirci? Qui per fortuna arriva una lieta nota. Secondo i cantanti professionisti che ho interpellato, a meno di essere in presenza di un vero e proprio disturbo neurologico, la risposta è: sì, è possibile.
Bisogna tener infatti presente che, come recita un motto ben conosciuto nel mondo del canto, “l’orecchio è un muscolo”. E come tale, va allenato. Una persona sorda adulta infatti non ha mai veramente “sentito”. Ha una esperienza molto ridotta in fatto di “suoni”. E ancora più ridotta nel fatto di “prestare attenzione a quello che si ascolta”. 
E come se non bastasse, comincia ad “ascoltare” in età già adulta. Anche i bambini (normoudenti) cominciano da zero, ma cominciano ad ascoltare fin dal primo momento, l’adulto (sordo con impianto cocleare) comincia da zero ...quando ha già una certa età.

Quale è l’elemento che ci è di conforto? E’ questo: il fatto che la persona sorda adulta con impianto cocleare riesca ad avvertire -e ad essere consapevole- delle tre componenti del suono, qualora vengano prese singolarmente, e talvolta anche a gruppi di due.
E’ già di buon auspicio.

Il cervello di questa persona riesce a tener conto singolarmente di volume, timbro e frequenza, riesce persino talvolta a “tarare” due caratteristiche per volta, sulle tre in totale. Bisogna trovare un modo per riuscire a “prenderle” tutte e tre insieme.
E’ un discorso, se si vuole, affascinante.
A questo punto il problema diventa un altro. Saper mettere a punto un allenamento adeguato. E avere tanta buona volontà.

(vorrei ringraziare l’esperto di musica Roberto Baldassari per le lunghe discussioni sull’analisi dei suoni in musica; e le dottoresse Serena Crincoli e Teresa Pantusa per il lavoro e l'interesse in questa tematica)



sabato

"sordo o Sordo"?


(Ho letto questo volume qualche tempo fa, ma ho preferito aspettare prima di parlarne, per valutare eventuali reazioni ....che non ci sono state. Ho deciso di scrivere quindi questa recensione, perchè questo è un libro che merita considerazione, e sarebbe davvero un peccato farlo passare inosservato. AP)



sordo o Sordo?


L’ultimo lavoro di Giuseppe Gitti (“sordo o Sordo?”, Franco Angeli editore, 2013) non segue più la cadenza del numero otto caratteristica dell’autore –otto anni di distanza tra un libro e l’altro- tuttavia può ritenersi probabilmente il volume che racchiude tutti i precedenti, al tempo stesso completandoli. Tanto i volumi precedenti erano schietti e alla mano, quanto quello attuale vuol essere preciso e  rigoroso. Uno dei rimproveri che venivano mossi ai volumi precedenti (e segnatamente i primi due) era la presunta mancanza di fondamento scientifico dei concetti esposti. Per anni si è ascoltata la litania che quanto espresso in quei volumi fosse solo la parziale visione dell’autore, senza supporto della comunità scientifica.
Ebbene, chi scrive questa recensione si è preso la briga di andare a contare i riferimenti bibliografici al termine del presente volume: ci sono circa 280-300 “references”, e penso che questo semplice dato possa far capire con quanta cura sia stata approntata la stesura di questo testo; e allo stesso tempo il background scientifico alle spalle.
Chi si aspettava un ennesimo libro sulla falsariga dei precedenti, ovvero “leggibile e scorrevole”, che tratta il lettore come un vecchio amico al quale spiegare la situazione in maniera colloquiale, probabilmente resterà un po’ deluso; ma chi invece vuol avere in mano un testo che parli scientificamente della sordità -ma da un punto di vista beninteso fuori dal coro- avrà di che ritenersi soddisfatto.
Ma quale è la differenza tra questo volume e i precedenti? Essenzialmente, il modo in cui è strutturato. Mentre i volumi precedenti (di cui è sempre caldamente consigliata la lettura) erano per l’appunto “colloquiali”, in quest’ultimo invece viene messo in primo piano la rigorosità e fonte di ogni affermazione: non vi è una sola pagina infatti dove non vengano fatti uno o più richiami bibliografici. Tutto viene messo “nero su bianco”, con riferimenti e richiami esatti.
Ovviamente, vi è spazio anche per gli aneddoti personali dell’autore; ma questi sono tenuti separati dall’esposizione propriamente scientifica, ponendo attenzione a evitare di mescolare il soggettivo con l’oggettivo.

Il libro è diviso in capitoli separati e in ognuno viene trattato un argomento specifico: apprendimento della lingua, protesi acustica, impianto cocleare, abilitazione, educazione, LIS come linguaggio o come lingua, bilinguismo, sordità e disabilità, eccetera.
Non si entrerà nel merito dei contenuti in quanto, per chi si interessa di sordità, il pensiero di Gitti dovrebbe essere noto: essendo a contatto con le persone sorde fin dalla fine degli anni ’50, ai tempi cioè degli antichi “Istituti per sordomuti”, e in seguito alle esperienze vissute, l’autore si è convinto a un “oralismo” al quale non è mai venuto meno.
Uno degli aspetti più interessanti della scrittura di Gitti, che raramente è stata posta in evidenza, è infatti proprio questa: il metodo induttivo insito in ogni ragionamento. Si procede cioè “dal particolare al generale”.
Gitti opera cioè al contrario di altri “esperti” che ragionano deduttivamente: si appellano cioè ad assiomi generali  (dimostrati?), per estrapolarne conclusioni … ancor più da dimostrare.

Quando Gitti dice di essere un convinto sostenitore della causa oralista, non lo fa per “partito preso” o per voler essere “bastian contrario” a priori. Lo fa perché, avendo fatto esperienza del contrario, essendo stato per anni a contatto con i “sordomuti”, all’interno degli “istituti”, ha potuto toccare con mano la situazione, e tutti i grandi problemi della sordità.
E, di riflesso, è riuscito a farsi una opinione precisa su quale fosse la soluzione migliore per le persone sorde (attenzione: la soluzione migliore “per le persone sorde”, non “per quelli che si occupano delle persone sorde”….)

Un altro aspetto degno di nota è il fatto del come ogni aspetto della sordità venga esplorato ed analizzato, in maniera neutrale e non partigiana, nonostante le posizione dell’autore siano chiare. Da questo punto di vista, si ritiene che sia proprio qui che il volume di Gitti mostri uno dei suoi punti di forza: non c’è partigianeria sfacciata, come in troppi altri scritti “scientifici” o presunti tali; al contrario, il tono si mantiene sempre assai pacato. 
La sensazione generale è che Gitti voglia dire al lettore: io ho delle idee precise a proposito di sordità -idee che ho sviluppato stando a contatto per decenni con le persone sorde- e vorrei spiegarti su quali motivi –scientifici, non “personali”- sono basate.
Ecco il ragionamento induttivo: dal particolare al generale. Partire dai piccoli elementi, per arrivare alla grande teoria d’insieme.

Dal momento che non possono esistere solo aspetti positivi, quale è il punto negativo di questo volume? Essenzialmente, è il fatto che esso viene pubblicato in un momento storico che non è esagerato definire terribile. L’interesse per le tematiche della disabilità è ai minimi termini, così come la partecipazione delle persone potenzialmente interessate. Mentre ancora pochi anni fa sembrava esserci almeno una parvenza di dibattito o interesse culturale, il momento odierno è caratterizzato da un sostanziale disinteresse. Non nei confronti della sordità, beninteso, bensì disinteresse e disimpegno generale in tutte le tematiche.
Sarebbe un vero peccato che questo volume non diventi un’occasione per dibattiti e discussioni.
 
Dello stesso autore:
“Sentire Segni” (1992)
“I sordi sentono” (2000)

“Sordità e apprendimento della lingua” (2008)

martedì

IL CONTROLLO DELL'UDITO FATTO IN CASA.


(avvertenza: questo test è geniale e ben congegnato, ma NON sostituisce il tradizionale esame audiometrico fatto presso le strutture specializzate. Avete bisogno di un computer con casse acustiche o cuffie, e, se avete problemi di udito, potrebbe essere utile una persona accanto a voi che vi aiuti a fare la "calibrazione" dei suoni. Avete bisogno anche di un ambiente tranquillo, senza rumori di sottofondo, traffico, ronzii, o altro) 

Non sarebbe male fare l'esame per il controllo dell'udito ("audiometria") a casa propria, non è vero?
Ecco, in realtà si potrebbe fare, se non fosse che è complicato avere i suoni di riferimento: mentre in ospedale o in clinica tutte le strumentazioni sono tarate correttamente -equivale cioè a dire che il suono fattovi ascoltare a 125 Hertz e 40 decibels è REALMENTE un suono a "125 Hz e 40 dB"- a casa vostra la taratura degli strumenti è molto più difficile.
Ecco quindi che in questo splendido test si è pensato di utilizzare un suono standard da utilizzare come punto di riferimento, e di tarare tutti gli altri suoni in seguito al primo.
IL CONTROLLO DELL'UDITO FATTO IN CASA si trova a questo indirizzo:

http://myhearingtest.net/

Come si fa? Leggete, prendete nota di quanto scritto sotto, e poi andando sul sito eseguite il test.
Il test è diviso in più sezioni:
1 -Calibrate your sound level  (calibrazione)


Il suono di riferimento è lo sfregamento delle proprie mani l'una sull'altra, tenendole all'altezza del viso. Strofinate le mani davanti al viso e ascoltate il suono delle sfregamento.
Tenete nota del suono che avete appena prodotto con lo sfregamento delle mani e fate clic sul quadratino verde "Calibration File": ascolterete lo stesso suono dello sfregamento delle mani: è IMPORTANTISSIMO alzare o abbassare il volume in modo che i due suoni siano il più possibile IDENTICI (fatevi aiutare da una persona che ci sente bene, se è il caso). Se usate le cuffie ovviamente fate il suono con le mani senza cuffie, e poi regolate il volume avendo le cuffie indosso. E a questo punto, quando avete "pareggiato" i due suoni, NON TOCCATE PIU' le regolazioni del volume.
(Tenete il più possible neutri i comandi BASS -TREBLE -BALANCE del vostro PC o impianto stereo, per non falsificare la prova)

2- Listen to individual file tests



Se fate clic su uno dei quadratini verdi sulla destra, sentirete un suono e apparirà una crocetta verde sul grafico a sinistra.
La prima colonna di quadratini verdi è la frequenza di 250 Hz, la seconda colonna è 500Hz, la terza 1000Hz, eccetera.
Più il quadratino verde è in basso più il suono è forte.
Più il quadratino è in alto, più il suono è debole.
Partite dalla prima colonna di quadratini verdi, cominciando grossomodo a metà colonna e verificate se riuscite a sentire il suono; salite/scendete gradualmente con gli altri quadratini fino a quando non sentirete più il suono: quello è il vostro limite. L'obiettivo è arrivare fin dove non sentite più il suono.
Cliccate un'ultima volta sull'ultimo quadratino verde dove sentite il suono: rimarrà la crocetta verde che segnalerà il vostro livello. (Più vi avvicinate allo zero, più il vostro udito è OK.)
Adesso passate alla colonna successiva, partendo sempre a metà, e andate gradualmente verso l'alto o il basso..
Fate questo lavoro per tutte le colonne, e alla fine avrete un grafico -abbastanza attendibile, ma non certo come quello clinico- del vostro udito.

3-Review your personal audiogram
Teoricamente a questo punto potete avere l'audiogramma finale e stamparlo.

PER FINIRE
Tenete conto che:
- questo test NON sostituisce l'esame clinico,
- la maggior parte della popolazione ha difficoltà a sentire i suoni acuti rispetto a quelli gravi. E' probabile quindi che l'andamento della curva dei suoni "scenda", andando da sinistra verso destra.
- tenete conto infine anche che almeno metà della popolazione non va meglio di -20 decibels. Quindi anche se non siete nella zona "Normal Hearing" in tutte le frequenze, ma solo in alcune, non preoccupatevi troppo.

BUON ESERCIZIO !!!

giovedì

PREPARARSI ALL'IMPIANTO COCLEARE


Finalmente disponibile il nuovo libretto:

PREPARARSI ALL'IMPIANTO COCLEARE
"Quello che è importante sapere prima,
per star meglio dopo"


INDICE
- Di cosa si parla in queste pagine
- Dunque, vi siete decisi?
- Tutto in poche righe (per chi va di fretta)
- Avete davvero bisogno dell’impianto cocleare?
- ..e quando, invece, l’impianto cocleare non serve?
- Rimanere sereni.
- L’impianto cocleare e la ricerca della felicità.
- Tanta grinta!
- Essere preparati al cambiamento.
- Cosa vi dovete aspettare.
- Esami clinici? Uno strazio, però…
- “Terrorismo” sull’impianto cocleare.
- Non vergognatevi.
- Quale marca scegliere?
- Dove fare l’intervento.
- Essere informati.
- Il vostro livello di partenza.
- Microfono e telecamera.
- Discorsi sgradevoli....
- Conclusione


30 pagine in formato .pdf , liberamente scaricabile su:
https://drive.google.com/file/d/0B6SW_WAdMhUpWi03Vm5QYkU2c28/view?usp=sharing

(si consiglia di scaricare il libretto sul proprio computer -ed eventualmente stamparlo- per averlo sempre a disposizione.)