giovedì

Due anni di ginnastica visiva.

“Ma perché non scrivi qualcosa sulla tua esperienza?”
Così mi chiese il buon David de Angelis qualche tempo fa. Risposi di sì, che lo avrei fatto, ma senza specificare quando. In realtà, volevo essere certo di cosa scrivere, soppesare bene le parole, non scrivere di getto, cosa che mi pare poco “scientifica” (giusto per precisare, sono un biologo, ho lavorato per anni nei laboratori di ricerca). Sono poi andato a riprendere le mie vechie cartelle cliniche  per essere certo della comparazione dei risultati.
Oggi sono passati due anni da quel giugno 2010, quando incominciai la “ginnastica visiva”, e penso di poter dire che è passato abbastanza tempo per buttar giù due righe. Chi mi conosce sa che ho sempre avuto problemi di vista, e ancor più di udito (della serie: non ci facciamo mancare nulla), e a causa della miopia molto elevata non ho potuto sottopormi alla chirurgia laser. I medici, onestamene, mi hanno sempre detto che con -16 di miopia (sono andato a ricontrollare i vecchi referti) era meglio non toccare gli occhi.

“Meno sedici” di miopia? Sembra una barzelletta.
“Meno sedici” ad un occhio, “meno tredici” all’altro. Riesce persino difficile capire come si sia arrivati a questi livelli. Per una volta posso dare la colpa ai medici dell’epoca che mi avevano in cura, i quali sbagliarono tutto lo sbagliabile, e mi portarono a un orrendo “meno dieci” giù ai tempi della scuola elementare. Fondi di bottiglia al posto degli occhiali già nelle prime classi, insomma. Per poi peggiorare gradualmente ed arrivare a “meno sedici”. Molta gente ha difficoltà a capire cosa significhi “meno sedici”: significa, né più ne meno, che senza correzione si hanno difficoltà a distinguere persino i colori, non parliamo dei contorni degli oggetti e tantomeno delle fattezze delle persone. Certo, ci sarebbero state le lenti a contatto rigide, ma, ragazzi, quanto sono fastidiose….. tutto questo uesto fino a giugno 2010. Quel giorno infatti trovai in una libreria il libro “Come sono guarito dalla miopia”, di David de Angelis. Offerta speciale, prezzo scontatissimo…. e poi avrei capito il perché.
Ora è d’obbligo una premessa: essendo di formazione scientifica, ho una particolare avversione per la pseudoscienza che oggi impera a tutto spiano (vedi “Non siamo mai stati sulla Luna” et similia...), pertanto, visto un libro dal titolo così chiaro e netto, ho utilizzato il consueto trucchetto che di solito si usa per capire- in maniera sommaria- se la pubblicazione che abbiamo in mano è “scientifica” o no: e cioè afferrare il volume dall’ultima pagina, e iniziare a leggere il libro dalla fine, mai dall’inizio. Questa è una maniera elegante per dire che si comincia a vedere se c’è una bibliografia: se un libro con pretese scientifiche manca di bibliografia, scartatelo tranquillamente: la sua validità è prossima allo zero. Chi fa scienza vera, infatti, sa benissimo che niente si inventa ex-novo, ma tutto si evolve a partire da posizioni pre-esistenti, delle quali bisogna tener conto. Non si pensi male: non avete idea di quanti libri ci troviamo sottomano quotidianamente con "pretese scientifiche". Per lavoro, ne so qualcosa. Vorrei avere un euro per ogni libro che mi sono trovato in mano che prometteva cose mirabolanti: sarei ricco.
Pertanto una solida bibliografia è indice di serietà, e in questo caso il libro di De Angelis colpisce subito nel segno: pagine e pagine di bibliografia. In più, avendo dimestichezza con riviste mediche, ho notato subito la presenza in bibliografia di svariate riviste di notevole “impact factor”, indice di qualità.
Favorevolmente impressionato, decisi quindi di dare a questo libro una possibilità.
Arrivato a casa, scoprii il motivo dello “scontissimo”: era dovuto al fatto che si trattava della prima edizione, e intanto ne era uscita una seconda, arricchita con nuovi capitoli. Come scoprii più tardi, tuttavia, i concetti basilari erano già presenti nella prima edizione, quindi…. poco male.

Ma veniamo al dunque: il metodo “de Angelis” per correggere la miopia, su cosa si basa? Ecco, qui non vorrei entrare nel dettaglio –farei un torto all’autore- l’importante è dire che si basa sul concetto di “riabilitazione” dell’occhio in modo da fargli riacquisire la corretta visione perduta, perché va detto che la miopia è una condizione “reversibile”, e non “irreversibile”. Si può correggere con la chirurgia, certamente, ma anche con un opportuno allenamento. Se poi ci si trova in una condizione come la mia di non operabilità, hai poche scelte: o si mettono gli occhiali, oppure si impianta il cristallino sintetico, lenti fachiche, eccetera, tecniche anche queste sconsigliate nel mio caso. L'altra possibilità è quella di cercare di limitare i danni con una ginnastica visiva mirata. E questo è stato il mio caso. E’ chiaro, tuttavia che qui si parla di miopia pura, senza altre patologie concomitanti.

Una cosa simpatica -a mio avviso- e che mi ha facilitato, è stato notare il fatto che molte espressioni nel libro di David de Angelis sembrano mutuate dal mondo della cultura fisica e dell’allenamento sportivo. Avendo un passato in tal senso (l’ho detto, che non mi sono fatto mancare nulla!), nel momento in cui leggevo di “periodizzazione”, tanto per fare un esempio, sorridevo, e capivo subito dove si volesse andare a parare. Quindi: se avete un passato nello sport, la lettura e l’applicazione dei concetti espressi nel libro vi sarà molto facilitata, in caso contrario ci impiegherete un po’ di più, ma senza nessun problema.
E andiamo alla conclusione: che fine hanno fatto i famosi “meno sedici” di miopia? Ecco, dopo due anni di allenamento, i “meno sedici” si sono trasformati in “meno dieci” (e “meno sette” dall’altro occhio, da “meno tredici” che erano). Giusto per la cronaca, l’astigmatismo, che era “meno due e cinquanta” è passato a “meno uno e cinquanta”.
Insomma, un miglioramento di “più sei” in due anni.  E' un successo? Tanto? Poco? Lascio giudicare gli altri, quello che mi preme considerare è che ho alleggerito di parecchio gli occhiali, e –finalmente!- posso utilizzare le lenti a contatto usa e getta, che come è noto, sono comodissime ma hanno capacità limitate di correzione.

Ai tempi della nostra gioventù esisteva un bel modo di dire: “No pain, no gain”, che tradotto dall’inglese stava a significare “se non lavori non otterrai risultati”. Ecco, questo vorrei dire: il metodo funziona se vi date da fare. Non otterrete risultati se non vi applicherete; come del resto avviene in tutte le cose della vita.
Dove potrete arrivare, a quali risultati? Questo non potete saperlo in anticipo: ma il metodo, l’ho sperimentato di persona, porta a risultati. Io, per avere questi risultati ho impiegato due anni. Probabilmente voi- applicandovi seriamente- ne impiegherete di meno, ma ogni caso è a sè stante. Fermo restando che assai poche persone, tra quelle miopi, partono da condizioni così sfavorevoli.
E, per concludere, ci tengo a specificare che non ho rapporti di lavoro o collaborazione con David de Angelis, e tutto quello che riportato qui sopra è scritto in maniera genuina e disinteressata. Buona lettura e…buon allenamento!

"Come sono guarito dalla miopia" di David de Angelis, Edizioni Macro.

martedì

Ad occhi chiusi è meglio.


 Fate anche voi un esperimento semplicissimo. Al bar, al ristorante, in una stanza affollata, chiedete al vostro vicino di ascoltare quello che viene detto, o anche solo i rumori ambientali, tenendo gli occhi aperti. Successivamente, chiedetegli di ascoltare, stavolta però tenendo gli occhi chiusi. 
Sorpresa: dirà di avere l’impressione di “sentire meglio” quando gli occhi sono chiusi.
In realtà non si tratta di una sorpresa, dal momento che il canale uditivo e quello visivo portano ambedue il loro carico di informazioni, separatamente, ognuno con una propria via, al cervello; il quale si trova a dover processare allo stesso tempo sia la mole di informazioni visive che uditive. Ma che succede se chiudiamo gli occhi? Succede che vengono a mancare le informazioni visive, e il cervello si dedica completamente ad interpretare i suoni.  Verrebbe voglia di dire, minor quantità uguale maggior qualità.
Come sfruttare questo fatto a nostro vantaggio? Quando facciamo gli  esercizi di riconoscimento dei suoni, gli allenamenti acustici, proviamo a farli tenendo gli occhi chiusi. Con un po’ di pratica vedrete che si riuscirà a sentire meglio, a fare progressi, a facilitare la concentrazione, ad "afferrare" meglio i suoni.
Tenere gli occhi chiusi aiuta a isolare le informazioni e a far funzionare più efficacemente il canale uditivo (cosa che fanno, forzatamente, le persone non vedenti, che sono allenatissime nell’utilizzo delle informazioni uditive). Ovviamente non è pensabile, nella vita di tutti i giorni, stare perennemente ad occhi chiusi per sentire meglio: pertanto questa tecnica è consigliabile soprattutto nelle fasi iniziali della scoperta (o ri-scoperta) dei suoni, e per riprendere dimestichezza del mondo sonoro.