martedì

L' Impianto Cocleare nell'età adulta: i primi mesi (marzo 2011)

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TRUCCHI E CONSIGLI PER L'UTILIZZO DELL'IMPIANTO COCLEARE NELL' ETA' ADULTA.

Documento in formato .pdf, 50 pagine.

Liberamente scaricabile al seguente indirizzo:

https://drive.google.com/file/d/0B6SW_WAdMhUpZG5Va3pjLVdOS0k/view?usp=sharing

Indice:
Introduzione
Le due grandi domande (e le risposte)
L’errore più grande
Teoria dell’allenamento
INTERMEZZO: Fenomenologia del “Campione”
Dieci e Venti
L’importanza di una corretta attrezzatura
INTERMEZZO: Tutto insieme appassionatamente…o no?
Pre-esercizi
Esercizi iniziali
INTERMEZZO: Simulazione di sordità.
A proposito di logopedia
La Radio, strumento principe
Il Mappaggio fatto in casa
Conclusione
APPENDICI

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AVVERTENZA:
Per chi volesse solamente informarsi riguardo al "Come prepararsi all'impianto cocleare", il volumetto relativo si trova, liberamente scaricabile, a questo indirizzo:
http://martenclet.blogspot.it/2013/05/prepararsi-allimpianto-cocleare.html

Due mesi dopo (20 giugno 2010)

“Ri-arredare la casa”


Sono passati due mesi abbondanti dalla prima accensione dell’impianto, ed ecco il resoconto delle nostre impressioni. Avevamo concluso la prima puntata con lo shock -a modo suo affascinante- della prima attivazione, e la seconda con l’analisi dei primi suoni percepiti.
Adesso in questa terza fase ci avviciniamo di più all’osservazione dei suoni. Sarebbe bello dire che “ormai si è arrivati alla conversazione telefonica” oppure “non c’è problema ad ascoltare la radio”, ma siamo ancora molto lontano da questi livelli…sperando di arrivarci.
In realtà in questo momento l’attenzione è concentrata sull’osservazione dei suoni, per riuscire ad ottenere in seguito la comprensione.
Osservare per comprendere. Prestare attenzione, per capire.

Ricapitoliamo brevemente: eravamo rimasti all’impianto cocleare che permette di sentire i suoni come se fossero le voci dei cartoni animati (sensazione dovuta al fatto che ai suoni gravi si aggiungono adesso i suoni acuti). Adesso andiamo oltre. Avviciniamoci a questi suoni e indaghiamo meglio quali sono le differenze tra i suoni uditi con l’impianto e senza impianto (ovvero solo con protesi), relativamente ai suoni più importanti: le parole.

Innanzitutto, come fare per “sentire le parole”, per notare le differenze tra apparecchio acustico e impianto cocleare?? Un metodo semplice ed efficace è quello di ascoltare frasi di cui si conoscono in anticipo le singole parole, prima solo con l’apparecchio acustico, e successivamente solo con l’impianto coclearie, facendo così un confronto. Un buon esempio è L’Infinito di Leopardi, di cui si trovano su internet diverse tracce audio. “Sempre caro mi fu quest’ermo colle….” eccetera . E’ importante sapere le parole che verranno pronunciate, per poter consentire l’accostamento tra il suono e la parola che verrà pronunciata. In mancanza di lunghi testi, o se si vuol cominciare con qualcosa di più facile, basta farsi ripetere (o registrare su nastro) da una persona volenterosa frasi anche molto semplici come ad esempio “L’albero ha il tronco e le foglie”, o simili, ovviamente annotando le frasi su un foglio.
Insomma: bisogna ascoltare la frase “L’albero ha il tronco e le foglie” sapendo in anticipo che sarà proprio quella la frase ad essere pronunciata.
Tutto questo, con il motivo preciso di “sentire” come è fatto il suono della parola “albero”, foglie”, “tronco”, eccetera.

E qui dopo un po’ di pratica ci rendiamo conto delle grandi differenze tra impianto cocleare e protesi tradizionale, una differenza che va al di là del semplice concetto di pulizia del suono e di grave/acuto. Intendiamoci: già il fatto che il suono arrivi direttamente dentro la testa senza nessun disturbo, filtro, smorzamento, o sbavatura, già di per sé costituisce un grosso vantaggio.

Ma non si tratta solo di questo: mentre con la protesi la singola parola è costituita da due o tre frammenti sonori (spesse volte coincidenti con le sillabe), con l’impianto cocleare la singola parola può essere costituita da sette, otto, dieci frammenti sonori. Detto in altre parole, la differenza tra protesi acustica ed impianto cocleare è che quest’ultimo fa percepire una maggior quantità di informazioni (oltre che in maniera più pulita).
Con la protesi la parola albero “albero” viene udita come un qualcosa che potrebbe essere vagamente qualcosa come “ah-he-ho”, con l’impianto cocleare si sentono invece una quantità di suoni/frammenti sonori assai maggiore.
Ehi, quella lì è una “elle”. E quell’altra è una “bi”. E senti un pò come si sente bene la “erre”……e quindi in totale che viene fuori?
Viene fuori “A L B E R O”.

E qui abbiamo fatto centro: se una parola è fatta di tanti frammenti sonori, sarà, con il dovuto allenamento (ripeto: con il dovuto allenamento!), più comprensibile della stessa parola fatta di soli due o tre frammenti.
Torniamo all’esempio dell’albero. Se “albero” viene percepito con la protesi acustica “ah-he-ho”, come accidenti possiamo sapere che si tratta proprio di “albero”? Ovviamente non si può. Ma è proprio questo il motivo per cui si ricorre alla lettura labiale: frammenti di suoni + movimento delle labbra = ricostruzione della parola pronunciata.
Ma ecco che con l’impianto si sentono tanti frammenti sonori in più. Potenzialmente quindi non avremmo nemmeno più bisogno di dover guardare le labbra di una persona mentre parla.
Però ci troviamo di fronte a un ostacolo immenso: rimettere a posto i pezzi, far sì che a “quel” particolare frammento sonoro venga attribuito un significato. E come si fa? In questo caso la soluzione è una sola: allenamento, allenamento, e ancora allenamento.
Abbiamo quindi capito una cosa: e cioè che l’impianto cocleare è, fondamentalmente, un fatto di grandissima pazienza.

E’ simile alla composizione di un puzzle: quando avevamo la protesi acustica vi erano a disposizione solo pochi pezzi, e con quelli dovevamo ricostruire l’immagine dell’intero puzzle, e ci dovevano bastare (non per avere l’intera immagine, attenzione! Ma solo per capirne almeno il senso). Adesso invece con l’impianto cocleare abbiamo a disposizione molti più pezzi, e almeno in teoria la ricomposizione dell’immagine finale è più semplice, e, forse, completa.
Il problema è che queste nuove tessere del puzzle sono di tipo completamente diverso da quelle precedenti; riusciremo a farci l’abitudine?

Insomma, un gioco di pazienza cercando di ricostruire un’immagine sonora. Questa è la conclusione alla quale è arrivato il sottoscritto, ed è la conclusione sulla quale NON si trovano d’accordo i genitori dei bambini piccoli con impianto cocleare, in quanto la tipologia di problemi è completamente differente, differente anche la maniera di reagire, di relazionarsi, eccetera. Ne convengo: io devo fare un faticoso lavoro di ricostruzione della casa, buttando giù l’intero edificio, i bambini piccoli no, cominciano da zero a edificare il palazzo, e procedono, pare, speditamente. D’altro canto il sottoscritto ha la memoria dei suoni e delle parole, ovvero l’arredamento della casa è già pronto, e loro no, devono acquistare l’arredamento della propria casa giorno dopo giorno.
Al che si arriva alla conclusione che la “sordità” non è mai generalizzabile, bensì un qualcosa che va valutata “caso per caso”.

Leggendo queste righe mi vien quasi da sorridere: si sta in pratica affermando che le parole sono fatte da segmenti sonori che si susseguono velocissimi, e sentire questi frammenti, e capire la loro disposizione (prima l’uno poi l’altro), permette il riconoscimento delle parole. La scoperta dell’acqua calda!
Ma una cosa è sapere le cose perché altri te le hanno dette, un’altra cosa è invece scoprirle, viverle, rendersene conto di persona.
E la cosa è importante perché nel momento in cui finalmente si riesce a inquadrare il problema con precisione, nel medesimo momento si riesce anche a gettare le basi per la sua soluzione.

Tutto questo per capire che il segreto della comprensione è proprio qui: riuscire a mettere insieme i frammenti sonori che adesso si sentono, e prima sfuggivano completamente.

E’ spaventoso ascoltare l’Infinito di Leopardi (o altra poesia) con protesi acustica e impianto contemporaneamente, e spegnere improvvisamente l’impianto in maniera volontaria. Rimane in funzione la protesi, e all’istante ci si accorge di come praticamente si riesca a percepire niente più che un brusio di sottofondo. I suoni acuti, le sonorità extra sono cancellate di colpo.
Facendo l’inverso, spegnendo la protesi, vengono a mancare i supporti “gravi”, e i suoni che si percepiscono sembrano meno gravi, e spostati prevalentemente sugli acuti.

E quindi… allenamento quotidiano. Lavoro faticoso, e ogni giorno che passa capisco sempre più il senso della frase “Lavora, pelandrone! Sei vecchio, e dovrai lavorare più degli altri per avere risultati”.
Gambe in spalla e pedalare! Ogni giorno almeno due ore di esercizi. Ascolto della radio, ascolto della televisione. Musica. Ascolto di frasi prestabilite. E poi, dialoghi con altre persone, rumori del traffico, immersione nella vita quotidiana. E’ paradossale che la cosa da evitare ora, è proprio il silenzio.
Un gioco di pazienza infinita. E mi domando: quanti di noi hanno la pazienza necessaria? Qui si parla di mesi e mesi e mesi, ma soprattutto si parla di una età che non è più quella dell’infanzia o adolescenza.

Ecco, se devo dire come mi sento adesso, mi sento come quella persona che rientra a casa e la ritrova completamente sottosopra. Non manca nulla, non sono entrati i ladri. Semplicemente nulla è più al posto di prima. Dove sono finiti gli oggetti?
Scopro che i piatti sono finiti sotto al divano. Il dentifricio è sotto il lavello della cucina. Il sapone è dentro il frigorifero. I bicchieri sono dentro la vasca da bagno. I libri sono accatastati in giardino. Le cravatte sono nel freezer.

Non c’è più un solo oggetto, che sia uno!, ad essere al suo posto. Devo recuperarli tutti e rimetterli al loro posto. Questo cosa è? Un bicchiere. E dove va messo? In cucina.
E queste cosa sono? Cravatte. E dove dovrebbero stare ? Appese nell’armadio.
E così per tutti gli oggetti….

“Lavora pelandrone!”.

Venti giorni dopo (27 aprile 2010)

Venti giorni dopo…..

Buongiorno a tutti,
dopo tre settimane di attivazione dell’impianto, pari a circa venti giorni di esplorazioni sonore, senza alcun “mappaggio” specifico, ecco lo sviluppo della situazione. Faccio sempre notare che le impressioni sono personali e potrebbero non essere condivise da altri.

La prima cosa da segnalare –non me l’ha fatta notare nessuno, ci sono dovuto arrivare da solo con continue prove – è che uno dei suoni, particolarmente fastidioso e somigliante a una serie di velocissimi ticchettii uno dopo l’altro, è un suono “immaginario”, percepito solo chi porta l'impianto, dovuto probabilmente all’accensione dell’impianto e alla messa in azione. Questo suono dura una ventina di minuti, dopo di che si attenua e scompare. Se al termine della giornata l’impianto viene spento e subito dopo riacceso, ricompare il ticchettio, ma stavolta la sua durata è limitata a un paio di minuti. Se si “stacca” l'impianto mentre è acceso, e subito dopo lo si riposiziona, non vi è alcun ticchettio di sorta, Ne deriva che questo rumore è dovuto solo all'azione di accensione. Non vi è modo di far sparire il ticchettio, invero fastidiosissimo, dal momento che ad ogni spegnimento e accensione dell’impianto inevitabilmente si ripropone. Se ne deduce che sia una sorta di “riscaldamento del motore”. Non è possibile nemmeno “far riscaldare” l'impianto qualche minuto “a vuoto” e poi metterselo (evitando così il ticchettio), dal momento che si spegne automaticamente dopo pochi istanti, se non viene messo in posizione (probabile funzione risparmio energia).

Ho fatto un po' di prove in ambiente perfettamente isolato e silenzioso, ed ecco quello che è venuto fuori.
Un fatto davvero singolare, anzi forse il più singolare di tutti, è stato lo scoprire il PERCHE’ i suoni sono così diversi da quelli precedenti. In sintesi: con le protesi acustiche noi sordi profondi sentiamo prevalentemente i suoni gravi e quasi nulla degli acuti; con l’impianto, all’opposto si sentono prevalentemente i suoni acuti rispetto ai gravi. Questo che significa? Significa che mentre l’estremità “grave” dei suoni rimane così com'è, l’estremità “acuta” si arricchisce, si dilata, si allarga, si riempie di suoni. In altre parole, i suoni acquistano anche delle tonalità che prima erano inudibili.
E in cosa si traduce tutto questo? Si traduce in fenomeno che fa sorridere, ma è molto reale e, per chi lo prova, come il sottoscritto, sconcertante: le voci umane sembrano quelle dei cartoni animati.
Provando ad ascoltare le persone, in assenza di altri suoni, sembra di sentire Pippo Pluto e Paperino, Quack! Quack! Oink! Oink!
Se invece i suoni non sono voci umane, ma suoni ambientali, sembra di sentire “rumori da videogiochi”. Chi negli anni passati giocava con i videogiochi da bar capisce cosa intendo. I suoni vengono “dilatati” verso la tonalità acuta, assumendo un connotato irreale al quale forse toccherà farci l’abitudine . Il rumore ad esempio dei tacchi sul pavimento, che prima erano un suono grave e pesante, adesso acquistano una tonalità acuta accanto a quella grave. Lo stesso dicasi degli altri rumori ambientali. E l’effetto finale è quello “da videogioco”: WOP! WOP! TIIING! TIIING! WUP! WUP! BLIP! BLIP!
La situazione è di massima confusione perché non si sa più cosa si sta ascoltando: quel suono era una signora che camminava con i tacchi alti, oppure era “PACMAN” ?

E’ assolutamente scontato, in questa situazione, che la comunicazione interpersonale avviene mediante la lettura labiale, come prima.

Altra sensazione: il volume generale dell'impianto sembra essere inferiore a quello dell'apparecchio. In altre parole: con l'impianto il volume sembra più basso. Con l'apparecchio i suoni gravi sono tonanti e prepotenti, con l'impianto più delicati. (spiegazione: in questa fase iniziale il volume è tenuto volutamente al minimo)

Ho avuto un incontro con un amico esperto in acustica, il quale era molto curioso di vedere un orecchio bionico in funzione, per saperne di più (curiosità peraltro ricambiata). Al termine di una lunga chiacchierata e di prove più o meno empiriche, mi è stato suggerito che l’udito attuale è “provvisorio” e “irreale”, soprattutto perché l’udito delle persone normale ha una curva “a campana”, in cui i suoni acuti vengono uditi in maniera progressivamente peggiore, mentre il sottoscritto ha attualmente un udito a “linea orizzontale”, nella fattispecie a 4000 HZ si hanno grossomodo gli stessi risultati che a 250 Hz.
(spiegazione: tutte le frequenze sono state “accese” alla medesima maniera per stimolare il senso uditivo in generale.)

Interessante notare come sia possibile decidere dall’esterno se far sentire di più o di meno alcuni suoni (qui ti faccio sentire di più, qui ti faccio sentire di meno); per chi ha portato sempre apparecchi acustici analogici, e NON digitali, la differenza si sente enormemente.
Estremamente imbarazzante, invece, è lo scoprire di udire suoni che non vengono avvertiti da molti “normoudenti”, che forse a questo punto tanto normoudenti non sono, come ad esempio il ticchettio di un orologio a qualche metro di distanza.

E’ opportuno ricordare infine, che il suono è QUANTITATIVO e non qualitativo. Ciò significa che il tic-tac dell’orologio viene udito, ma non si sa che quello è il rumore dell’orologio, fino a quando qualcuno non te lo dice. Fino a prova contraria, potrebbe essere un uccellino che cinguetta sul balcone, oppure la goccia d’acqua che cade con insistenza dal rubinetto, oppure qualsiasi altra cosa. A me personalmente è capitato di confondere il cinguettio degli uccelli con l'abbaiare di due cani in lontananza.
Mi riesce difficile anche solo descrivere lo stato di confusione in seguito a una cosa simile.

Questa incapacità di decodificare i suoni è probabilmente l’aspetto peggiore della questione. Essere avvolti da un miliardo di suoni senza capirli è qualcosa di difficilmente spiegabile. Molta gente si esalta al pensiero che “finalmente ci senti!”, ma in realtà non basta udire, bisogna anche CAPIRE quello che si sente, altrimenti siamo al punto di partenza.

Scontato, e anche un filo poetico, l'accostamento con l'udito del neonato, tu sei come un neonato, è come se uditivamente fossi nato dieci giorni fa, i neonati all'inizio sentono ma non capiscono, tu sei come loro, devi portare tanta pazienza, eccetera.
A 40 anni fa un certo imbarazzo sentirselo dire.

Paragone tra impianto- apparecchio acustico. Qui si passa dal giorno alla notte. Non c’è un solo punto di contatto tra i due modi di sentire. Con l’apparecchio il suono “passa attraverso l’orecchio”, con l’impianto il suono “è in testa”. E già questo basterebbe a spiegare la differenza.
Con l’apparecchio acustico il suono, se la fonte si allontana, è avvertito come sempre più fiacco e “lontano”. Con l’impianto, al contrario, il suono è sempre uguale, se la fonte è a zero centimetri oppure cinquanta centimetri di distanza è esattamente la stessa cosa, a meno che la fonte non sia davvero lontana.
Questo provoca un corollario abbastanza fastidioso, ma tutto sommato sopportabile: con l’impianto MANCA la direzionalità. Nel senso che non si può dire se il suono è a destra, sinistra, in alto o in basso, vicino o lontano. Il suono c’è, oppure non c’è.
Con l’apparecchio il suono è “sporco”, sembra che attraversi strati e filtri prima di venir percepito, l'informazione sonora si disperde, con l’impianto invece il suono è “pulitissimo”.
La sensazione di suono “dentro la testa” è difficile da spiegare, e se il suono arrivi da destra o da sinistra, sia vicino o lontano, nulla cambia: viene percepito sempre allo stesso modo.

La sensazione di essere in un altro mondo rispetto a prima comunque la si riceve ascoltando i suoni delle singole consonanti. Chi porta l’apparecchio acustico sa è perfettamente inutile pronunciare il suono delle lettere “esse” o “effe”: non si sente nulla.
Con l’impianto, è con immensa sorpresa che si sente che ambedue queste consonanti non sono mute, ma hanno un suono, non solo, ma differente tra loro: “ffffffff” e “ssssssssss” , con uno sbuffo di aria differente, che produce un suono diverso, e, quindi, potenzialmente riconoscibile.
Con l’impianto il suono sembra certamente più “portatore di informazione”: se solo si riuscisse a capire di che suoni si tratta!
C’è un aspetto favorevole alla protesi piuttosto che all’impianto? Si, almeno uno: i suoni gravi sembrano più forti e definiti con l’apparecchio tradizionale, con l’impianto sono più morbidi e sfumati, e il suono grave per poter essere ben apprezzato, deve essere “potente”. Da questo punto di vista, è un punto a favore dell’apparecchio acustico.

Sia ben chiaro che tutte le considerazioni di cui sopra valgono in ambiente silenzioso, dove vi è possibilità di selezionare un solo, singolo suono, e fare osservazioni su di esso. E chiaro che se siamo in presenza di tanti suoni allora si torna alla giungla sonora, al minestrone di suoni, e tutte le osservazioni vanno a farsi benedire.

Una cosa positiva è che la giungla sonora non è “dolorosa”, forse anche perché il volume è tenuto al minimo, quindi non arreca fastidio, ma solo una sensazione di frastuono inestricabile.

Capitolo Acufeni: ovvero, i fastidiosi ronzii all’orecchio che spesso e volentieri rendono la vita impossibile. Sono meno fastidiosi del solito, in quanto vanno “in sottofondo”, mentre prima erano i suoni preponderanti ancorché immaginari. Gli acufeni continuano a essere una presenza fastidiosa, ma, essendo in sottofondo, se non altro sono più sopportabili.
Se si riuscisse a farli scomparire del tutto sarebbe cosa magnifica.

In conclusione noto soprattutto un fatto che mi fa sorridere, e cioè che mi trovo in una situazione paradossale : mentre prima “nulla sentivo, e nulla capivo”, adesso “tutto sento…e nulla capisco ugualmente”. E’ come si fosse passati da un estremo all’altro.
Considerazione negative? Essenzialmente una, l’enorme stanchezza soprattutto psicologica che si accumula. Fare esercizi tutti i giorni, allenarsi, prestare attenzione, cercare al tempo stesso di avere una propria vita…è davvero sfiancante.

Mi ripetono, poi, di trattare queste considerazioni alla stregua di pure curiosità, dal momento che quando comincerà la regolazione dell’impianto vera e propria (al momento non c’è alcuna regolazione specifica, bensì è tutto acceso al minimo volume, per vedere l’effetto che fa) cambierà tutto. Questo, insomma, è solo un assaggio. Non oso immaginare quando si comincerà a fare sul serio!

Il riassunto di tutto quello che ho scritto in una sola frase? Mi sto accostando alla giungla sonora, non riesco a penetrarla, ma cerco di guardarla più da vicino per capirla.

Ma insomma, l’impianto è bello o brutto? Nè l'uno nè l'altro. Piuttosto, c’è una sensazione di confusione completa. Sembra di aver a che fare con un marchingegno elettronico del quale non si ha il manuale d’istruzioni: quindi bisogna procedere per tentativi, bisogna “scrivere da sé il manuale d’istruzioni”.

E per finire le ultime parole famose: “Lavorate sempre tutti i giorni, allenatevi, che voi adulti ne avrete da lavorare!”.
Gambe in spalla e pedalare!

Accensione (7 aprile 2010)

Cari tutti,
alla fine è arrivata l'attivazione dell'impianto cocleare....
Mi trovo in difficoltà persino a parlarne.

L' accensione di un impianto cocleare è un qualcosa che semplicemente non si può definire con precisione.

Credo che ogni caso sia a sè stante, ma la mia impressione è stata quella di sentire almeno tre o quattro chitarre elettriche dentro la testa contemporaneamente.
Se avete mai sentito il suono di una chitarra elettrica forse avete capito cosa intendo. Ebbene, moltiplicate questo suono per quattro.

Suoni laceranti, acutissimi, stridenti, sfrigolanti, degradanti verso l'alto e il basso, soprattutto acuti e che si distorcono mentre vengono sentiti, distorti, ecco, il termine giusto è distorti.

Altra grandissima differenza: non si "sentono" più i suoni bensì li si "percepisce" dentro la testa. Mentre con l'apparecchio acustico sentiamo suoni, con l'impianto il suono sembra entrare nella testa come una lama. Il suono non è più qualcosa "nell'orecchio", bensì "nella testa".

Altra sensazione è l'accumulo sonoro: se riuscite a capacitarvi dell'espressione, la defineirei un "minestrone" sonoro.
Una zuppa di suoni assolutamente inintelligibili, eppure presenti.

Altra sensazione: miliardi e miliardi di suoni, mai sentiti prima. E' una cosa meravigliosa? No, è una cosa straniante.

Questa è una cosa che fa prendere il panico, sembra che il mondo intero sia composto di rumori. Ma si tratta di rumori mai sentiti, mai avvertiti prima d'ora!
Non esiste esprssione più azzeccata che "giungla sonora". Camminando per strada, per le vie,in mezzo ai palazzi, per le piazze, si ha l'illusione di avere accanto a sè muri di suono. Come si fa a definire un "muro di suoni"? non lo so, ma dentro la testa senti miliardi di suoni, e non riesci a capirne, decifrarne, neanche uno, che sia uno. Zero assoluto.

Il suono è dentro la testa, ti fermi come uno scimunito in mezzo alla strada, hai quasi la sensazione che allungando la mano potresti "toccare" il suono.


Ma la differenza primaria è questa: il suono è DIVERSO. non si ha più alcun punto di riferimento.
Il giorno stesso in cui ho avuto l'attivazione ho sentito in mezzo alla "giungla sonora" il vago suono della sirena dell'autoambulanza che si avvicina, o almeno qualcosa che gli assomigliava. Quale è stata la mia sorpresa, o meglio, il mio orrore, nello scoprire che era il suono delle ruote dell'automobilina a pedali di un bambino sull'acciottolato della strada. Lì ho capito che tutto il mio vocabolario sonoro era da riscrivere......

La cosa più sgradevole? il fatto che il "tipo" di suono sia inintelligibile. Si può andare per tentativi, certamente...ma il tentativo è sempre sbagliato!
Non riconosco la voce umana dal rumore ambientale, a causa del "minestrone sonoro". La voce umana, se c'è, è sepolta dall'ammasso urlante, stridente, invadente, degli altri suoni.

Ma, anche in ambiente tranquillo, non riesco a distinguere una vocale da una consonante. Sensazione orribile. Sembra di sentire tutti i suoni superflui, e non quello più importanti: la voce umana.

Sembra che il singolo suono sia più quantitativo che qualitativo (ovvero, sento se il suono c'è oppure no, ma non so dire nulla di esso. Era una voce umana? un oggetto che cade? una moto che sfrecciava? boh? era un suono, e basta... al massimo potrei dire se il suono era vagamente acuto o grave, e si si è modificato nel tempo, oppure è rimasto costante. )

Il personale dell'ospedale mi ha incoraggiato a non spaventarmi nonostante la mia età ("voi adulti attempati purtroppo siete i casi peggiori, dovete avere molta più pazienza degli altri....") e a pazientare, pazientare, e ancora pazientare, aspettare che il nervo si abitui a qualcosa di nuovo.

Intanto, portare sempre la protesi tradizionale all'altro orecchio, la quale protesi ha l'importante compito di "traghettare" i suoni sconosciuti, facendoli assimilare piano piano, e tanta, tanta pazienza, e "....mettetevi in testa che i risultati dipendono da voi, e da nessun altro".

La mia sensazione? essere in mezzo alla giungla, senza punto di riferimento. Ma se anche questo fa parte del gioco, continuerò a giocare.... ormai siamo in ballo.

Andrea