Georg von Bèkèsy (1899-1972) era un ingegnere ungherese impiegato in una compagnia telefonica, a Budapest, e negli Anni ‘20 gli venne chiesto cosa si poteva fare per migliorare l’audio dei primi telefoni e rendere il suono più possibile fedele e gradevole all’orecchio umano. Cominciò così una serie di esperimenti pratici che, partendo dalla simulazione di funzionamento dell’orecchio, arrivarono alla scoperta di alcuni fondamentali meccanismi dell’udito che sono alla base, oggi, del funzionamento dell’impianto cocleare.
Von Bèkèsy costruì un tubo metallico a spirale pieno d’acqua (a simulare la coclea umana e la sua linfa interna), con una membrana elastica tesa in mezzo (per simulare la membrana basilare sotto la quale si trovano le cellule ciliate che raccolgono i suoni), e cominciò a studiare il meccanismo del moto dell’acqua dentro il tubo. E cosa vide? Si accorse che il moto dell’acqua era “a onde”, nel senso che a seconda della forza della spinta iniziale il fronte dell’onda percorreva un tratto più o meno lungo all’interno del tubo, ingrossandosi fino a un massimo di ampiezza e poi riducendosi. E così facendo stirava in maniera maggiore o minore la membrana elastica.
Von Bèkèsy successivamente passò alle coclee reali, ottenute da cadaveri o animali, per fare un confronto con gli esperimenti precedenti. E in particolare, utilizzando il microscopio e una soluzione di polvere di alluminio per “marcare” l’acqua, vide che si formavano lo stesso tipo di onde precedenti quando lo stimolo era causato da un suono prodotto dall’esterno. Ma la cosa più interessante fu il constatare che quando lo stimolo sonoro era acuto, si formava un’onda che si esauriva subito: quindi la membrana basilare della coclea veniva “stirata” solo nella parte iniziale. Quando il suono era grave, al contrario, l’onda proseguiva a lungo, percorreva i giri della coclea e andava a esaurirsi verso l’estremità più lontana, andando quindi a stirare la membrana in un punto lontano. Tanto più grave il suono, tanto più lunga l’onda e quindi tanto più lontano lo stiramento della mambrana. E’ curioso il fatto che questo esperimento venne effettuato sulla coclee di orecchie di elefante, che sono di grandi dimensioni e quindi più agevoli da maneggiare.
Questo è meccanismo venne definito “delle Onde Viaggianti”, e Von Bèkèsy lo mise a punto anche grazie agli studi. puramente teorici, di uno dei più grandi scienziati di ogni tempo, che aveva immaginato, quasi cento anni prima, un meccanismo del genere: il tedesco Hermann Von Helmholtz.
Orbene, questo meccanismo delle Onde Viaggianti è, in parole povere, la base della teoria della Tonotopicità della coclea. Cosa è la “teoria Tonotopica”, in due parole? In sintesi, l’interno della coclea non è fisiologicamente tutto uguale. Ci sono le cellule ciliate disposte sul tratto iniziale, che “raccolgono” i suoni acuti, mentre quelle posizionate più in fondo “raccolgono” i suoni gravi.
Questo fatto è importante perché l’impianto cocleare moderno funziona seguendo questo principio. Gli elettrodi posizionati all’ingresso della coclea fanno passare solo le frequenze acute; gli elettrodi spinti fino in fondo, nella profondità della coclea, sono deputati invece a trasmettere le frequenze gravi. Tutti gli elettrodi messi insieme, trasmettono l’intero messaggio sonoro, ma lo fanno passare non in blocco, bensì suddiviso a pezzetti, ciascuno in una porzione differente della coclea. Insomma: è come se gli elettrodi tentassero di sostituire le cellule ciliate, che nei casi di sordità sono ridotte o assenti, sostituendosi a loro, e trasmettendo le frequenze al nervo acustico. E lo fanno cercando di seguire un principio tono-topico: “a ogni zona della coclea, bisogna trasmettere una particolare frequenza”.
Esattamente come forse accade nella realtà.
Perché “forse”? Perché, e qui è il bello della faccenda, la Tonotopicità della coclea è una teoria, ancora non scientificamente dimostrata al 100%. La teoria della Tonotopicità è infatti una delle teorie proposte che cerca di spiegare i fenomeni sottili dell’udito, e l’impianto cocleare si basa appunto su di essa: una teoria ancora non dimostrata.
Tuttavia, il fatto che l’impianto cocleare funzioni sta a dimostrare che in questa teoria qualcosa di vero c’è, ma, a distanza di tanti anni dagli esperimenti di Von Bèkèsy, si è scoperto che il meccanismo della Tonotipicità non è il solo ad intervenire, dal momento che l’orecchio umano è in grado di sentire migliaia di frequenze differenti, il che equivarrebbe a dire che ogni millesimo di millimetro di coclea è deputato a raccogliere una frequenza diversa, la qual cosa, considerato la ridotta dimensione della coclea stessa, è impossibile. Per cui è molto probabile che la Tonotopicità della coclea sia una parte della verità, ma accanto ad essa vi è un altro meccanismo ancor più sottile.
Nel 1961 Von Bèkèsy vinse il Premio Nobel nella Medicina per i suoi studi sulle Onde Viaggianti e per aver fatto grandi passi avanti nella comprensione della fisiologia dell’udito:
ironia della sorte, proprio in quell’anno, negli Stati Uniti, veniva messo a punto la prima rudimentale "neuroprotesi uditiva", ovvero, l’impianto cocleare.
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