martedì

Inconvenienti (2 marzo 2010, ore 7.30)

Mi sveglio, o forse sono stato sempre sveglio in queste ultime tre-quattro ore, rivoltandomi continuamente nel letto, credendo di dormire. Alle 7.15 mi levo in piedi, e mi preparo per andare in bagno. Poi voglio fare le cose con rilassatezza, voglio andare in sala operatoria dopo essermi preparato con calma, seguendo i miei ritmi. Rituali molto raffinati che servono a darmi tranquillità. I miei genitori verranno per salutarmi più tardi.
Sono aspettato in sala operatoria per le ore 10, dopo il ragazzino dodicenne, che ieri ha passato l'intera giornata guardando i cartoni in TV, come se nulla fosse.
Entra l'infermiera e mi comunica che il ragazzino ha avuto problemi e quindi l'ordine è invertito.
Si prepari immediatamente, deve scendere in sala operatoria fra un quarto d'ora.
Se è possibile spiegare a sè stessi il significato della parola cortocircuito, ebbene, è quello che mi accade in quel momento. Tutti i miei programmi sono andati a farsi friggere, tutta la mia tranquillità, serenità, aplomb, scomparsa, volatilizzata in un istante.
Cosa porca miseria devo fare adesso?
Entrano nella stanza le addette che dovranno portarmi in sala. Le vedo tutte bardate, in divisa blu elettrico, le immagino come i carnefici che aspettano per portarmi al patibolo, sono entrate lì solo per me. Cominciano ad armeggiare intorno al mio letto, per aggiungere le ruote e renderlo mobile. Ed io, accidenti, che non ho nemmeno il tempo per andare cinque minuti in bagno.
Chiedo all'infermiere di chiamare i miei genitori, almeno li vorrei salutare. Ho la strana sensazione di aver chiesto l'ultimo desiderio del condannato a morte.
Fatemi almeno vedere i miei cari, dovesse essere l'ultima volta....
Mi si riempiono gli occhi di lacrime.
Seguo le istruzioni dell'infermiera.
Si spogli, rimanga solo con gli slip e calzini....
Adesso si metta questa casacca verde...
Si metta a letto.

Arrivano i miei in quel momento. Li abbraccio quasi piangendo, e loro sono imbarazzati, non sanno che dire. Mi tolgo l'apparecchio acustico sinistro e lo consegno a mia madre come se fosse una reliquia. Lo guardo per un'ultima volta. Addio.
Due infermiere mi coprono con una coperta leggera, ne tengono pronta una seconda più pesante. Mi faccio disegnare una gran freccia rossa sulla guancia sinistra, diretta verso l'orecchio.
Signori è qui che dovete lavorare.....
Voorrei mandar già un sorso d'acqua, ma non si può.
Anestesia imminente, verboten.
Arraffo un fazzolettino di carta e comincio a giocherellarci.
...quando massima è la tensione, prendete un oggetto qualsiasi in mano, giocateci e dedicate la vostra attenzione a quello, e non pensate al resto...... .
Il letto si muove, esco dalla stanza scortato e sospinto dalle due infermiere. Chiedo che ore sono. Le 7.35. Voglio ricordarmi questo momento. Dicono che dopo l'anestesia ci si scorda tutto, vediamo se è vero.
Ultimo saluto ai miei, ho l'impressione di stare per piangere. Voglio, fortissimamente voglio rivedervi, tornare a casa, voglio tutto come prima. A dopo!

Il letto attraversa tutto l'ospedale, Nei vari reparti pazienti e parenti mi lanciano un'occhiata e si scansano con fare rispettoso. Attraverso i corridoi con due ali di folla rasente i muri voltate verso di me. Grottesco. Mi vien da pensare: ecco il condannato che va al patibolo.
C'è un orologio appeso alla parete : 7.40.
Arriviamo all'ascensore, le porte si spalancano.
Piano -2
Discesa agli inferi.

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