(Al giorno d’oggi, l’Orecchio Bionico, o impianto cocleare, è una metodica ritenuta ormai collaudata e affidabile, ma non è sempre stato così. Negli anni ’80 ci furono circa venticinque pazienti italiani che per primi si sottoposero a questa ‘novità’, senza sapere assolutamente niente di come sarebbe andata a finire. Questi magnifici pionieri andrebbero, dopo tanto tempo, almeno ricordati. A loro andrebbe indirizzato un sommesso ringraziamento: se oggi le metodiche si sono evolute e perfezionate, lo dobbiamo anche a loro.)
Intervista a PAOLO DE LUCA (maggio 2012)
Domanda: “Buongiorno Paolo, ci daresti qualche informazione su di te, per cominciare?”
Risposta: “Buongiorno a tutti voi! mi chiamo Paolo De Luca, vivo a Torino, sono nato nel 1953 e adesso, nel 2012, ho 59 anni. Sono diventato completamente sordo all’inizio degli anni ’80, quando avevo trent’anni, e nel 1987, dopo molte disavventure, sono stato tra i primi italiani a “fare l’orecchio bionico”. Lavoro al Comune di Torino e fra pochi mesi, finalmente, andrò in pensione.
D: Ci puoi raccontare brevemente la tua storia?
R: Certamente, anche se è una storia lunga e complessa. Fin da bambino soffrivo di otiti continue, crescendo si presentavano in modo più sporadico. Ricordo che già a diciotto anni, durante la visita di leva, il medico militare mi mise in guardia perché avevo forti otiti. Poi, finito il servizio militare, il fatto di essere andato a lavorare molto presto in fabbrica, in mezzo a rumori e frastuoni terribili, ha aggravato la situazione. Sono stato sottoposto a diversi interventi di timpanoplastica, intorno a venticinque-trenta anni, ma senza risolvere nulla.
D E quindi cosa è successo?
R Ed è successo che da trasmissiva la sordità ha interessato sempre più l’orecchio interno e dal momento che (ma questo non mi è stato mai spiegato bene e quindi è una mia ipotesi), sono stato sottoposto a una cura a base di penicillina ad altissime dosi per curare una infezione che non aveva relazione con le otiti, e la conseguenza è stata la totale perdita di udito ad ambedue le orecchie, nel 1984, quando avevo superato di poco i trent’anni.
D Possiamo immaginare la tua condizione….
R Ma oltre alla perdita di udito ho preso contatto con la sgradevole realtà di certi ambienti…. Solo per dirne una, quando la mia sordità totale divenne palese, il luminare che mi aveva in cura andò subito a cancellare il suo nome dalle cartelle cliniche, come a voler dire che lui non c’entrava niente con quello che era successo!
D E siamo arrivati a metà degli anni 80, hai trentadue anni, e sei completamente sordo, da non sentire più nemmeno le cannonate, gli apparecchi acustici non servono a nulla…
R Esatto. E nel marzo del 1985 mi capita sottomano una lettera di risposta del Professor Gregorio Babighian a un articolo de 'La Stampa' che parlava del “Primo orecchio artificiale” sperimentato con successo negli USA. Babighian ricorda nella lettera che già da 2 anni il gruppo ICI -Impianti Cocleari Italia- utilizza il sistema monopolare di House con successo e che lui è stato uno dei primi a fare questo intervento in Italia, all’ospedale Santa Chiara di Trento.
D E quindi?
R E quindi in questo articolo si dice che si può provare a recuperare l’udito con una tecnica sperimentale, appunto l’orecchio bionico, bisogna fare un’operazione chirurgica, ti devono aprire la testa, impiantare fili, elettrodi…..io ero all’ultima spiaggia. Che avevo da perdere? E così ho contattato il prof. Babighian, dopo pochi giorni. E devo dire che sono rimasto piacevolmente sorpreso, non ho trovato nessuna improvvisazione, niente promesse mirabolanti, erano tutte persone molto serie e con i piedi per terra. Certo i protocolli non erano sofisticati come quelli di oggi, comunque c’era tanta serietà e buona volontà. A Trento c’era uno staff formidabile, oltre a Babighian, ricordo che c’era anche il giovane 'Millo' Beltrame, che poi sarebbe diventato il primario in quell’ospedale.
D Tutto bene allora…
R Mica tanto, perché sul finire del 1985 mi scontro con la sanità regionale che dovrebbe dare autorizzazione all’operazione da effettuarsi a Trento, nonché farsi carico delle spese, e cosa succede? Succede che il tipo che dovrebbe dare l’autorizzazione, che poi sarebbe un primario ospedaliero, si impunta, e rifiuta di dare il nullaosta, dicendo che è una spesa enorme, insensata, che l’orecchio bionico non serve a niente, eccetera. Ma lo sapevano tutti, che il vero motivo era l’invidia e la rivalità tra medici, la gelosia dei risultati professionali…lasciamo perdere che è meglio! Alla fine la Responsabile dell’Ufficio Protesi della mia ASL è andata dal primario in questione, gli ha spiegato per filo e per segno la faccenda, e alla fine lui si è convinto a rilasciare l’autorizzazione. Si trattava comunque di un finanziamento straordinario in quanto l’I.C. non era inserito nel Nomenclatore, fatto sta che l’intervento era previsto per il 1985, ed è andato a finire nel 1987 a causa della mancanza della firma e dei timbri burocratici!
D Era molto costoso all’epoca l’orecchio bionico?
R Guarda, ricordo che arrivò l’avviso dalla ASL di andare a ritirare il pacco inviato dalla 3M di Segrate (Milano) nel marzo 1987, era il modello 3M/House, monoelettrodo, e costava esattamente 11 milioni di lire di allora.
D Andiamo avanti.
R E così nel giugno 1987 mi ricovero all’ospedale di Trento per l’operazione, ma qui subito abbiamo uno stop. Il prof Babighian infatti trova che nell’orecchio destro, quello da operare, vi è infiammazione in atto, e rinuncia per il momento all’impianto. Passano pochi mesi e al secondo tentativo stavolta le cose vanno in porto. Me lo ricordo ancora: 1 settembre 1987, ospedale Santa Chiara di Trento.
D E arriviamo al momento dell’accensione…
R Il momento dell’accensione fu una cosa imbarazzante: io ero relativamente tranquillo, tutti gli altri davanti a me, medici, specialisti, infermieri erano più preoccupati di me. E quando sembrò che l’impianto cocleare non funzionasse…tragedia, fallimento! Poi qualcuno andò di là a prendere la scatola dei pezzi di ricambio e provò a sostituire i cavetti…Evviva! Riuscivo a sentire qualcosa! Si trattava, pare, di un cavo difettoso.
D E per quanto riguarda la riabilitazione?
R Bella domanda, allora le cose non erano così avanzate ed organizzate come adesso…ricordo che andavo avanti e indietro tra Torino e Trento, fino a quando il prof Babighian non si trasferì a Venezia portandosi dietro una parte dello staff. Da allora ho fatto in modo di rimanere sempre a Torino.
D Ecco, questo penso che sia una domanda interessante: come ci si sentiva all’epoca, con l’impianto cocleare monoelettrodo?
R Mettiamo subito in chiaro che per me, sordo totale, il tornare a sentire i suoni era già un gran traguardo e mi sentivo contento così. Comunque utilizzavo la lettura labiale, niente telefono né televisione né cinema, insomma, l’impianto cocleare mi serviva per sentire i suoni, ma per capire quello che diceva la gente mi dovevo aiutare con la lettura labiale.
D Bene, e dal 1987 ad oggi?
R. Ecco, con il passare degli anni l’impianto cocleare cominciò a perdere potenza, e circa dieci anni dopo tornai a non sentire più niente, quindi, nel 1997, chiamai il prof Babighian e decidemmo di fare un secondo impianto cocleare. Stavolta all’altro orecchio, quello sinistro –infatti ci tengo a specificare che il vecchio impianto 3M/House non è mai stato tolto, lo porto sempre dentro di me, anche se non lo utilizzo più- e facemmo un impianto di tipo Clarion, multielettrodo, prodotto da Advanced Bionics.
D E stavolta andò tutto liscio, spero.
R Si, l’intervento decisi di farlo a Torino, per evitarmi continui avanti e indietro, Stavolta non ci furono problemi burocratici, però ti racconto una cosa: quel primario che mi ostacolò così tanto facendomi perdere un sacco di tempo per la prima operazione qualche anno dopo stava sempre lì, e andava in giro a dire che l’impianto cocleare era una vera meraviglia e “grazie a lui” si era diffuso anche in Piemonte…non sai cosa gli avrei fatto! ,Comunque ad operare non era lui ma il Prof. Paolo Solero che aveva costituito il Centro Impianti Cocleari alle Molinette, ed era attivo dal 1991
D E adesso, dopo tanti anni?
R Senza autocompiacimento, penso che non mi sono perso e con l’aiuto di mia moglie, con la forza che mi dava la mia prima figlia allora decenne, ho combattuto per qualcosa che non mi sembrava straordinaria, coglievo il valore non solo individuale ma generale, non so come abbia trovato la forza di andare avanti, diciamo che esperienze di vita, idee e valori hanno reso possibile non fermarsi .Con il senno di poi si capisce quanto sia importante la vicinanza di altre persone, di un’associazione , e infatti nel 1998 insieme ad altre/i sordi si è costituita l'APIC -Associazione Portatori Impianto Cocleare, di cui ora sono il presidente.
Quando assisto all’attivazione della parte esterna di persone che incontro nell’ambulatorio del Centro con il quale APIC collabora, mi commuovo e ripenso alla mia prima volta, non era così facilitato, il concetto di mappa era diverso, e la collaborazione attiva del paziente era diversa, l’applicazione informatica ha cambiato e reso possibile qualcosa di impensabile. Ma evitando di parlare sempre di me, vorrei ringraziare quelle persone che oggi si danno da fare, non solo mettono in guardia da ciarlatani e persone che a volte illudono , non seguono come si deve i pazienti , con il risultato di portare danni e non garantire la necessaria e dovuta assistenza .
Poi, quando vedo persone che conversano al cellulare , che comprendono e rispondono a tono , ecco ,magari sono un po’ geloso , ma sono felicissimo …..e questo è quanto!
(Grazie a Paolo de Luca, che dopo molti anni, ha deciso di raccontare la sua esperienza dei tempi pionieristici, rivangando indietro nel tempo, con un sorriso e tanta disponibilità)
Sono contenta di aver letto l'intervista di Paolo. Conosco Paolo ma non sapevo tutta la sua storia, è stato veramente coraggioso a ritentare l'impianto cocleare e non solo.
RispondiEliminaMonica P
socia APIC
grande paolo...sei una persona eccezionale e sono fiera di essere innanzitutto tua amica poi di far parte della grande famiglia bionica!
RispondiEliminaGrande Paolo, GRAZIE anche di questa tua storia: sei forte! Io sono fra quelli (impiantato a Torino nel 1997) che usano il cellulare e dialogano tranquilli, come ben sai...
RispondiEliminaUn ABBRACCIO, Giuseppe Fulceri di Lucca
SALVE HO LETTO LA STORIA DI PAOLO E I COMPLIMENTI CHE GLI FAI .FACCIO UNA DOMANDA BANALE ,QUESTO IMPIANTO è INTERNO O ESTERNO? SI RIESCE AD ASCOLTARE LA MUSICA? QUANDO PARLI AL TELEFONO , IL TEL .LO PORTI VICINO L'ORECCHIO .CHIEDO SCUSA NON VOGLIO DISTURBARE MA GRADIREI CONOSCERE MEGLIO QUESTA REALTA' IN QUANTO MI STO AVVICINANDO A UNA SORDITA' TOTALE.
EliminaGRAZIE.
Grazie mille per aver pubblicato l'intervista, fa sempre piacere leggere queste cose e di quanto si sia evoluta la tecnologia che oggigiorno permette di ridare l'udito a coloro che non l'hanno mai avuto o l'hanno perso.
RispondiEliminaSaluti dal Messico.
Ciao Andrea, il Balda mi ha dato indicazioni del tuo blog ed ora mi accingo a leggere tutto l'interessantissimo materiale prodotto in questi anni. Dati i miei tempi e le mie difficoltà a capire come funziona un blog, impiegherò un po' di tempo ma con immenso piacere mi immergerò nel tuo lavoro. Ciao e grazie per farci comprendere il tuo mondo. Teresa (ci siamo incontrati per ben due caffè...ricordi?)
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