domenica

Faccia a Faccia (24 gennaio 2010)

Lunghissimo viaggio in treno, nell'Italia sepolta dalla neve, con una piccola valigia in mano, e l'ospitalità cordiale di un vecchio amico di tanti anni prima, che ha conservato l'affetto dei tempi andati e la solidarietà del momento presente.
Lunghissima attesa all'ospedale, prima di parlare con il medico famoso, di cui tutti mi hanno detto un gran bene.
Esami, esami, altri esami, passano le ore.
Atmosfera cordiale, quasi di complicità, con gli operatori, con le infermiere, che chissà quanti ne hanno visti come me.....
E alla fine, dopo tanta attesa, faccia a faccia con il dottore che, forse, si prenderà la responsabilità di mettere le mani su di me.
Modi cordiali, ma asciutti, quando gli parli capisci che vita che facciano molti medici, neanche il tempo di mangiare un panino, neanche un minuto libero, sempre presi in ogni istante con incombenze varie, una vita che non dà tregua.
Mi guarda con attenzione, mi chiede le cartelle cliniche, le guarda con gli assistenti, le soppesa, le valuta. Sorride quando gli faccio una battuta sul mio stato. Capisco che in fondo, è una persona affabile, ma spaventosamente indaffarata.
Gli esami scorrono sul monitor, TAC, risonanze magnetiche, impedenze, audiometrie, otoemissioni.
Discute con gli assistenti questo o quell'aspetto.
Mi guarda e fa, con una certa soddisfazione: Bene! Piccola pausa, poi: secondo me si può fare.
Lo guardo senza parlare, e lui continua: secondo me lei è un candidato ideale per questo tipo di intervento. Certo, prosegue, è un vero peccato che lei abbia un'età così avanzata, se fosse stato più giovane avremmo avuti molti meno problemi, la riabilitazione sarebbe stata più veloce, le difficoltà inferiori.....
Ma come andrà questo intervento? chiedo senza nessuna timidezza, ormai posso anche fare a meno di sembrare timido e insicuro.
Lui mi guarda e fa: "Io non dò mai pronostici, perchè ogni caso è sempre a sè stante, però....." e qui un'altra pausa, ma non di indecisione, bensì di convinzione, "...io nel suo caso mi sento abbastanza ottimista."
Ci congediamo, stretta di mano, e mentre sto per uscire, un'ultima frase:

Si ricordi che noi medici facciamo solo il lavoro chirurgico, il resto lo dovrà fare lei, e sarà un gran lavoro. Se lei lavorerà in maniera coscienziosa, avrà un bel risultato. Mi raccomando, non sottovaluti la riabilitazione.

E in quel momento mi sovviene di quanta gente avevo sentito ottenere scarsi risultati perchè non si era applicata a sufficienza, perchè "ho fatto l'orecchio bionico e poi basta, non serve altro", perchè aveva preso sottogamba l'intera operazione, perchè si era stufata e non voleva impegnarsi ancora.
Esco dall'ospedale trascinandomi dietro la valigia, cammino nei viali innevati della città, in perfetta solitudine, per strada non c'è nessuno.

In mezzo alla città candida e silente, ho capito che il dado è tratto.

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