mercoledì

Tombe degli avi miei (30 gennaio 2010)

"Il mio dispiacere più grande è che tu, piccolino mio, non ci senti! Che disgrazia! Quanto vorrei poterti dare le mie orecchie per farti sentire! Quanto lo vorrei, che tu potessi sentire! Chissà, forse un domani...."

Quante volte mi sono sentito ripetere questa frase. Quanti sospiri. Non tanto dai miei genitori, quanto dai miei nonni, già anziani, che a noi ragazzi ci volevano un mare di bene e ci riempivano di affetto, me e mio fratello, che eravamo tra i bambini quelli "sfortunati".

Purtroppo non sono vissuti abbastanza, sono morti tutti, da molti anni, senza vedere "se forse un domani...."

Mancano pochi giorni all'operazione.

Basta, ho deciso: prima dell'operazione torno da loro, li voglio vedere, voglio dirglielo, che "il domani", forse, è arrivato.

Vado al cimitero, lontano da casa.
In cima a una collinetta, in una giornata fredda ma assolata, gelida e piena di vento.
Ho davanti a me la lapide con i loro nomi e le fotografie.

Nonno, nonna, che peccato che non ci siete più.....
Il piccolino adesso è grande.
E forse quel momento che voi tanto aspettavate è arrivato.
Vorrei che adesso voi foste qui.
Non temete, vi porterò sempre nel mio cuore. E se "quel momento" è arrivato, il momento in cui i suoni non saranno più qualcosa di estraneo ma di familiare, il non dover più farsi ripetere le cose, bè, sappiate che sarà come se voi foste ancora accanto a me.


Esco dal cimitero con la luce del sole ormai bassa, con un vento che spazza senza tregua.
Sono sicuro che da lassù mi hanno sentito, e mi hanno sorriso.
Sono ancora accanto a me.

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